Libia. “Interventismo all’italiana”, Lucio Caracciolo su Repubblica

Pubblicato il 28 Marzo 2011 - 14:05 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Per Lucio Caraccio la Libia rivela l’Italia e gli italiani. Così comincia un articolo su Repubblica a  firma del giornalista dal titolo “Interventismo all’italiana”.

Mentre il regime di Muammar Gheddafi è messo a dura prova dalle forze alleate che lo stanno bombardando, Roma si scopre e mostra le sue debolezze sulla gestione della missione Tripoli.

Secondo quanto spiega Caracciolo i rapporti con la Libia sono frutto di un esperimento coloniale lungo 30 anni. “Laprima volta fu cent’anni fa, quando la “Grande Proletaria” volse alla conquista di Tripolitania e Cirenaica”, ricostruisce.

Poi ancora: “L’IItalia del “Sacro Cinquantenario” – ancor più quella del Duce -si pensava portatrice di civiltà in unpaese di barbari indolenti e fraudolenti. Andammo per inventarci un impero proprio mentre si avvicinava il crollo dei gran di imperi europei, al cui rango pretendevamo di elevarci. Non sapevamo quasi nulla delle terre e delle genti da redimere. Solo che ci erano inferiori. Sicché quando i libici, in specie le tribù della Cirenaica, si ribellarono alpadrone, ne sterminammo a man salva alcune decine di migliaia (almeno), e ancor più ne deportammo. In perfetto stile razzista. Tutto finì con la disfatta nella seconda guerra mondiale, prologo della perdita delle colonie. Gli ultimi italiani pensò Gheddafi a cacciarli, nel 1970″.

La riflessione di Caracciolo continua fino ai giorni d’oggi: “Ma sia l’Italia democristiana che l’attuale mantennero con il colonnello un rapporto di utilità (energia) e protezione (rispetto al terrorismo islamico e ai flussi migratori), coltivato spesso in barba agli alleati occidentali – quando erano davvero tali. Oggi l`Italia del Centocinquantenario riscopre se stessa intervenendo in Libia nella “guerra umanitaria” fermissimamente voluta da Sarkozy per ragioni di prestigio, d’influenza, ma soprattutto per restare all`Eliseo. Infatti interveniamo all`italiana: malvolentieri, senza impegnarci a fondo né credere in quel poco che diciamo, nella certezza di contribuire a minare i nostri interessi economici e di sicurezza”.