Antonio Carbone, carabiniere morto per difendere l’ambiente: la cicca in mare, la lite e poi l’ictus

di Redazione Blitz
Pubblicato il 18 Agosto 2021 - 08:11 OLTRE 6 MESI FA
Antonio Carbone, carabiniere morto per difendere l'ambiente: la cicca in mare, la lite e poi l'ictus

Antonio Carbone, carabiniere morto per difendere l’ambiente: la cicca in mare, la lite e poi l’ictus

E’ morto per difendere l’ambiente Antonio Carbone, il carabiniere colpito da un ictus improvviso mentre era al mare a Paola, in provincia di Cosenza. Il carabiniere Carbone, 56 anni e in servizio a Torino, era arrivato in Calabria in vacanza il giorno prima la sua morte, avvenuta lunedì 165 agosto. Purtroppo i tentativi di rianimarlo sono stati inutili e all’ospedale è arrivato già senza vita.

Antonio Carbone e la lite per la cicca di sigaretta

Antonio Carbone era sulla spiaggia di Paola e ha richiamato garbatamente un uomo che secondo quanto raccontato da chi era presente aveva gettato in mare una cicca di sigaretta. “Non si buttano le cicche in acqua, ci sono i posacenere!”. Ma l’uomo ha iniziato un diverbio che è diventato sempre più violento coinvolgendo anche tutta la sua famiglia con ingiurie e minacce. Antonio Carbone tornato sotto il suo ombrellone si è sentito subito male. Sono intervenuti subito i bagnini e il personale del 118 per soccorrerlo ma è morto prima di raggiungere l’ospedale. 

Il lungo e straziante ricordo del fratello

Questo è il lungo post del fratello di Antonio Carbone, Vincenzo: “Ieri 16 Agosto 2021 è morto un uomo, è morto un calabrese, è morto un maresciallo dei carabinieri di 56 anni. Nell’esercizio delle “sue funzioni”, se così si può dire. Naturalizzato piemontese, in vacanza da appena un giorno, voleva solo difendere il mare di Paola dalla ignoranza violenta e barbara di un clan di bagnanti calabresi che invece lo stava distruggendo. Un gesto da poco, un gesto banale, chiedere con gentilezza di non buttare rifiuti in mare. Ma l’ignoranza violenta e la protervia minacciosa hanno avuto la meglio. Alla fine di un violentissimo assalto verbale da parte del clan, a cui lui non ha potuto opporre alcuna resistenza, il suo cuore non ha retto. Soccorso immediatamente da altri turisti, quando sono arrivato ho potuto solo assistere alla incredulità e allo sconforto di chi c’era. Morto sulla spiaggia”.

“Si è trattato di un piccolo gesto – prosegue – , ma nei fatti rivoluzionario, chiedere a un gruppetto di calabresi di non distruggere la bellezza della Calabria. Una valanga può nascere da un piccolo fiocco di neve, una rivoluzione può nascere da un piccolo gesto, come scrive papa Francesco: “Prendersi cura dell’ambiente significa avere un atteggiamento di ecologia umana. […] Non si può separare l’uomo dal resto; c’è una relazione che incide in maniera reciproca, sia dell’ambiente sulla persona, sia della persona nel modo in cui si tratta l’ambiente; ed anche l’effetto rimbalzo contro l’uomo, quando l’ambiente viene maltrattato”. Assistiamo tutti gli anni ai roghi che distruggono i nostri boschi, e sono calabresi quelli che appiccano gli incendi. Vediamo tutti gli anni il sudiciume del nostro mare, e sono calabresi quelli che inquinano. Fino a quando dovremo assistere, inermi, a questo scempio? Fino a quando si potrà violentare impunemente la nostra terra e distruggere la nostra casa?”.

Quindi il fratello di Antonio Carbone conclude:

“La violentissima reazione verbale rende evidente la nullità e il vuoto assoluto di alcuni calabresi, non più preoccupati neanche dei possibili guadagni. Solo gratuita violenza senza scopo e senza senso. Grazie Antonio per averci fatto vedere un uomo all’opera, un uomo che si prende cura della casa comune, un uomo che con gentilezza chiede ai calabresi di non distruggere la Calabria. E’ morto un carabiniere nell’esercizio delle sue funzioni di essere umano, si chiamava Antonio Carbone, mio fratello”.