La formica di fuoco è arrivata in Italia: è pericolosa? Perché si chiama così? Domande e risposte

di Redazione Blitz
Pubblicato il 12 Settembre 2023 - 12:03 OLTRE 6 MESI FA
Formica di fuoco, foto Ansa

Un primo piano non proprio piacevole della formica di fuoco (foto Ansa)

Come se non fossimo già abbastanza tartassati e spaventati dalle zanzare tigre ora in Italia è arrivata anche la formica di fuoco: 88 nidi infatti sono stati individuati in Sicilia, dalle parti di Siracusa, e si tratta del primo avvistamento ufficiale non solo in Italia ma in tutta Europa. La solita fortuna nostrana.

L’allarme arriva dallo studio pubblicato sulla rivista Current Biology e guidato dall’Istituto spagnolo di Biologia evoluzionistica, e al quale hanno collaborato anche l’Università di Parma e l’Università di Catania.

La formica di fuoco: è pericolosa?

La formica di fuoco, che in realtà si chiama Solenopsis invicta è soprannominata anche la formica guerriera, andiamo bene, e può diffondersi in maniera estremamente rapida, in Italia come nel resto del continente, con impatti notevoli sugli ecosistemi, agricoltura e la salute umana.

“I principali tipi di danni per l’uomo riguardano le apparecchiature elettriche e di comunicazione, e l’agricoltura”, dice all’agenzia Ansa Mattia Menchetti dell’Ibe, che ha guidato lo studio.Questa specie di formiche “ha anche un importante impatto sugli ecosistemi naturali: è infatti un predatore generalista, e nei luoghi in cui si insedia causa la diminuzione della diversità di invertebrati e piccoli vertebrati. Inoltre – aggiunge il ricercatore italiano – grazie al veleno contenuto nel loro aculeo e alle colonie che possono raggiungere centinaia di migliaia di individui, possono avere un impatto anche su animali giovani, deboli, o malati”.

Ma perché si chiama formica di fuoco?

La formica di fuoco deve il soprannome alle sue punture: queste infatti sono molto dolorose e possono causare anche gravi reazioni allergiche. Quindi attenti

La formica di fuoco si sposta rapidamente. Sebbene sia originaria del Sud America, la formica di fuoco si è diffusa rapidamente, spostandosi con il vento e con l’aiuto degli esseri umani, che hanno contribuito attraverso il commercio marittimo e il trasporto di prodotti vegetali: in questo modo la formica è riuscita a colonizzare Australia, Cina, Caraibi, Messico e Stati Uniti in meno di un secolo, mentre l’Europa è riuscita ad evitarla più a lungo del previsto.

Come è arrivata in Italia?

Parlando con gli abitanti della zona, gli autori dello studio hanno anche scoperto che le prime punture dolorose risalgono almeno al 2019, quindi l’estensione reale dell’area invasa è probabilmente maggiore.

I ricercatori non sono riusciti a determinare come esattamente la formica sia arrivata in Italia, ma dopo averne analizzato il Dna hanno concluso che questa particolare popolazione proviene probabilmente dagli Stati Uniti o dalla Cina.

Lo studio indica che il 7% circa del continente europeo ed il 50% delle città europee ha condizioni adatte alla diffusione della formica di fuoco. “Secondo i risultati del nostro modello ecologico – dice Menchetti – le grandi città costiere sono tra i siti più adatti ad ospitare la formica di fuoco, in Italia come nel resto d’Europa. Questo è preoccupante soprattutto perché queste città sono centri nevralgici per il commercio e molto interconnesse tra loro, e quindi potrebbero consentire alle formiche di diffondersi ancora più velocemente. Inoltre, secondo le previsioni da noi effettuate, con il cambiamento climatico le aree idonee al suo insediamento aumenteranno notevolmente”. I primi passi per cercare di fermare l’invasione sono già in atto. “È in corso la pianificazione dell’eradicazione ed il monitoraggio della specie da parte della Regione Sicilia – afferma Menchetti – e il team di ricerca ha dato la propria disponibilità nel ruolo di consulente scientifico. La partecipazione dei cittadini nella segnalazione della possibile presenza di S. invicta potrebbe essere un aiuto prezioso per coprire un’area più grande, sia attraverso i canali ufficiali che attraverso piattaforme di Citizen Science”.