Francesco, il 18enne a cui hanno trapiantato i polmoni “non sa nulla, 2 mesi fa aveva solo la febbre”

di redazione Blitz
Pubblicato il 29 Maggio 2020 - 14:41 OLTRE 6 MESI FA
Francesco, il 18enne a cui hanno trapiantato i polmoni "non sa nulla, 2 mesi fa aveva solo la febbre"

Francesco, il 18enne a cui hanno trapiantato i polmoni “non sa nulla, 2 mesi fa aveva solo la febbre” (Foto archivio Ansa)

ROMA – Non sa nulla Francesco, il 18enne milanese al quale hanno trapiantato entrambi i polmoni, dopo che il coronavirus glieli aveva letteralmente bruciati.

A raccontarlo è uno dei medici che lo hanno salvato, Mario Nosotti, direttore della Scuola di chirurgia toracica dell’Università di Milano e dell’Unità operativa di chirurgia toracica del Policlinico. 

Un intervento record, il primo del genere in Europa, di cui tutta Italia è a conoscenza. Ma del quale Francesco (il nome è di fantasia) non sa ancora molto. 

Ora “sta benino – ha spiegato Nosotti a Radio Capital – fa fisioterapia respiratoria, è cosciente: ma non sa nulla. Si è addormentato due mesi fa con un po’ di febbre e si è risvegliato con due polmoni nuovi”.

“C’è una equipe di psicologi che comunica con lui e pian pianino gli spiega tutto”. 

Il giovane aveva iniziato ad avere la febbre il 2 marzo e il 6 marzo è finito in terapia intensiva all’Ospedale San Raffaele di Milano.

Due giorni dopo è stato intubato e il 23 marzo collegato alla macchina Ecmo per la circolazione extracorporea.

Ma ormai i suoi polmoni erano compromessi irrimediabilmente. Così a metà aprile i medici del San Raffaele, confrontandosi con quelli del Policlinico, hanno deciso di tentare l’impossibile: donargli polmoni nuovi.

“Il problema principale era dare un organo ad un paziente con una patologia così nuova e così sconosciuta – ha detto Nosotti – problema che si riflette in due aspetti: uno è assicurarsi che una volta trapiantati i polmoni nuovi questi non venissero nuovamente attaccati dal virus, che è una cosa che non ci ha fatto dormire la notte. Seconda cosa, dovevamo proteggere tutto il personale”.

I polmoni erano come sassi – continua il chirurgo – Noi eravamo bardati con tute impermeabili, tre paia di guanti, la nostra mobilità chirurgica era complessa: non era semplice rimanere concentrati in questa situazione”. “Sembrava un po’ come stare nello spazio”, aggiunge. 

Uno dei momenti più critici è stato comunque quello della decisione.

“È stata una scelta ampiamente condivisa – racconta lo specialista – In primo luogo con i colleghi del San Raffaele, poi con i nostri che hanno preso in carico il paziente, con gli infettivologi guidati da Andrea Gori e i pneumologi guidati da Francesco Blasi”.

“Abbiamo presentato il caso al Centro nazionale trapianti. Destinare una risorsa rara come un organo a una persona affetta da una patologia ignota come Covid-19 non è qualcosa di eticamente trascurabile”.

“Noi dedichiamo un organo a una persona e non lo stiamo dando a un’altra. E la malattia in questione è così strana e aggressiva, non ha farmaci dedicati”.

“Una decisione collegiale era indispensabile – prosegue – È stato stabilito un protocollo per eventuali prossimi pazienti per condividere le indicazioni con tutti i centri trapianti”.

Altro punto critico è stato quello di “riuscire a capire se il virus non c’era più. Perché può essere presente in alte cariche nella patologia conclamata ma poi può nascondersi”.

“Abbiamo quindi lavorato con le infettivologie del Niguarda di Milano e del Policlinico San Matteo di Pavia per approfondire al massimo con tecniche particolari e sofisticate, in grado di evidenziare anche un solo virus”.

Una volta assicurata la negatività al Covid, si è passati all’azione. Quando Nosotti ha visto i polmoni del giovane, ricorda, “sono rimasto davvero colpito. Questo è un organo normalmente soffice, roseo. I suoi polmoni erano completamente l’opposto: duri, compatti, violacei”. 

Ora però lo attende un lungo percorso di guarigione. In questo momento Francesco è ancora “supportato dal respiratore, sta facendo fisioterapia respiratoria e motoria, deve imparare di nuovo a muovere le gambe, le braccia (queste ultime già le muove discretamente) e anche i muscoli respiratori devono riprendere a funzionare da soli”.

“Riprenderà – dice Nosotti – Il ragazzo ha 18 anni e speriamo ce la faccia in pochi giorni. Avevamo però urgenza di dare un messaggio: questo caso ci fa vedere una luce. E dovevamo comunicare anche ai colleghi che esiste una possibilità alternativa al non trovare soluzioni. Nel paziente giusto può essere la strada giusta, purtroppo non per tutti”.

Lentamente sarà messo al corrente di tutto quello che gli è successo. “È uno shock psicologico importante – sottolinea Nosotti – Gli è stato detto che è passato del tempo, il resto glielo spiegheranno con molta calma gli specialisti”.

“Ora Francesco guarda i cartoni animati, vede i suoi in videochiamata, passa le sue giornate così”.