Gianluca Maggioncalda ricorda Sonia Trimboli: “Bevevamo e ci drogavamo insieme”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 22 Ottobre 2014 - 13:33 OLTRE 6 MESI FA
Gianluca Maggioncalda ricorda Sonia Trimboli: "Bevevamo e ci drogavamo insieme"

Foto Ansa

MILANO – Aveva bevuto e parecchio Gianluca Maggioncalda la sera in cui ha strangolato la sua fidanzata Sonia Trimboli. Una lite, l’ennesima, nella casa dove Gianluca e Sonia bevevano e assumevano cocaina, come racconta lui.

La dinamica è simile a quella dello scorso 28 agosto, prima aggressione. Lui tenta di strangolarla, lei scappa e lo denuncia. Poi lo perdona e tornano insieme. Ma stavolta Gianluca uccide Sonia, scrivono Andrea Galli e Cesare Giuzzi sul Corriere della Sera:

“Lunedì e anche martedì, seppur in misura minore, il 42enne che domenica alle 19 ha ucciso strangolando con un elastico da pacchi la fidanzata Sonia Trimboli, coetanea e compagna di droga, alcolici e risse di coppia al quarto piano di via della Commenda 28, ha guardato e ascoltato i servizi dei telegiornali sul delitto. E non si è ritrovato nelle descrizioni di un uomo violento, di un persecutore seriale”

Un momento di follia, spiega l’uomo agli investigatori:

“ha ammesso che domenica avevano bevuto, e anche parecchio, e che la violenza era esplosa di colpo, innescata o alimentata dall’abuso di vino. Nella distanza amplificata dal tempo, chiuso in prigione, isolato, Maggioncalda, dice il legale, «sta prendendo coscienza di quanto accaduto». E in lui è già maturata una convinzione: «Ripete che avrebbero dovuto lasciarsi prima ma che non ci sono riusciti» spiega il legale.

Non c’era verso. Maggioncalda la cercava. E lei cercava lui. Nonostante il 28 agosto già avesse provato ad ammazzarla, sempre per strangolamento, sempre al termine di momenti caotici, di abuso di alcol e pure di cocaina, una pratica frequente nell’appartamento regalatogli dal papà, che ha un negozio dove ripara orologi, al piano terra del palazzo di via della Commenda”.

E in cella piange, sostenendo che avrebbero dovuto lasciarsi, e si dice molto provato per quanto accaduto. Chiede di Michele Trimboli, il papà di Sonia, e intanto si dispera per la descrizione di “violento maniaco” che i vicini di casa hanno dato di lui ai media. Galli e Giuzzi scrivono:

“il 28 agosto c’era stato l’altro episodio (il procuratore Alberto Nobili ha unificato i due fascicoli). Ma al riguardo, hanno riferito gli investigatori, quando gli è stato chiesto conto dell’accaduto, Maggioncalda ha giurato di non avere assolutamente ricordo dell’episodio, perché allora, con larga probabilità, era confuso e intontito, imbottito di sostanze stupefacenti. Avevano discusso, l’aveva aggredita, Sonia era scappata per le scale, era corsa nell’androne di un altro palazzo.

Era stata trasportata in ospedale dove le avevano curato ecchimosi e una lesione a un timpano. Il giorno dopo Sonia era andata nel commissariato Monforte-Vittoria per denunciare Maggioncalda. La denuncia non era mai stata ritratta, gli uomini del commissariato avevano indagato il fidanzato, il quale s’era subito messo sulle tracce di Sonia per avere il suo perdono, che gli era stato concesso”.

E da settembre i due erano tornati insieme:

“Non lavorava, e non lavorava nemmeno Sonia, sposata e separata, senza figli, senza più la mamma morta per malattia, con un fratello che vive fuori Milano. Invano il padre di Maggioncalda aveva provato a tirarsi Gianluca in bottega e trasmettergli la passione per un mestiere, l’interesse per uno stipendio”.