Marcia (per iscritto) dei 40 mila contro Springsteen sull’erba mia. L’irresistibile fascino del No

Ferrara, concerto di Springsteen il 18 maggio? Non sia mai: acque inquinate, galleria vegetale arbustiva crollata, deportazione avifauna, danni a mura storiche...Marcia dei 43 mila sotto forma di petizione. Una legione come tante dell'Armata del No.

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 1 Febbraio 2023 - 10:31 OLTRE 6 MESI FA
bruce springsteen

Bruce Springsteen FOTO ANSA

Marcia dei quarantamila, anzi per l’esattezza finora 43 mila. Non a Torino ma a Ferrara. Non per riaprire una fabbrica occupata ma per tenere lontana quella che considerano alla stregua di una calamità, anzi, diciamo meglio, una intrusione. Un’intrusione sull’erba mia, sull’erba nostra. Hanno firmato in 43 mila (per Ferrara non è certo piccola cifra) una petizione in lettera al Comune e in spirito a chiunque possa intervenire. Intervenire per sventare il concerto di Bruce Springsteen il prossimo 18 maggio al Parco Bessani.

Effetto Attila

Mito e leggenda vogliono che dove passava Attila più non cresceva filo d’erba. Sentite cosa, secondo petizione dei 43 mila, va ad accadere dove dovesse passare concerto di Springsteen: compromesso manto erboso, annullata tutela igienico sanitaria degli specchi d’acqua, devastata la biodiversità, annichilita la galleria vegetale arbustiva, condotta a deportazione e panico la avifauna stanziale e stagionale, danneggiate anche mura storiche. Non sono stati di braccino corto gli estensori della petizione nell’elencare le devastazioni prossime venture al suon di musica.

In una sorta di lettera di Totò e Peppino fratelli Capone ci hanno messo tutto: la moria delle vacche, lo studente che deve prendere una laura…Qualunque cosa sia la “galleria vegetale arbustiva”, reso l’omaggio alla “biodiversità” divenuta parola magica e rituale e non più concetto e categoria scientifica, la petizione è chiara: se si fa il concerto si avvelenano le acque, sradicano alberi e foglie, si terrorizzano a morte gli uccelli che lì abitano e anche quelli che passano (non è chiaro se tra gli uni e gli altri si passino la voce, tipo: non vi fermate qui, sapete una volta c’è stato un gran rumore e tanti umani…). Ma non è il trauma antico di moderni Attila che muove i 43 mila della petizione. E’ qualcosa di molto più forte di ogni umor di tutela e prevenzione. Tutela, conservazione e prevenzione sono solo abiti di scena con cui si rimpannuccia il vero umor forte, il sentimento veramente dominante, il vero movente della petizione e di ogni analogo comitato e petizione.

L’irresistibile fascino del No

Letteralmente non ci si resiste. Dire No, costruire un fascio di No dà la sensazione di essere potenti. Potenti nei confronti dei potenti. Dire No è attestato di esistenza in sociale vita. Dire No è goduria. Dire No è dare soddisfazione alla porzione cocciutamente dispettosa dell’animo umano. Dire No è: te la faccio vedere io. Dire No è giocare a fare il cittadino. Dire No è partecipare al gioco dei mass media. Dire No è dichiarare intoccabile intangibile l’erba sotto casa proprio perché è sotto casa e quindi erba “nostra”, dà senso di appartenenza ed estende l’ambito di “proprietà”. Dire No è gratuito, non costa. Fa chic e in fondo non impegna. Dire No è insieme cool e pop. Letteralmente non ci si resiste al fascino del dire No. Soprattutto in una società, in una comunità, in una popolazione, in una nazione anagraficamente, culturalmente e umoralmente vecchia. Anzi non è neanche questo il tratto distintivo, la società italiana che produce sterminati No male invecchia e acidamente invecchia. E’ questo il tratto distintivo, sotto questo segno marciano le legioni del No.