Monteforte Irpino. Guard-rail maledetto: 90% delle barriere non è omologato

di Redazione Blitz
Pubblicato il 1 Agosto 2013 - 12:33 OLTRE 6 MESI FA
Monteforte Irpino. Guard-rail maledetto: 90% delle barriere non è omologato

Monteforte Irpino. Guard-rail maledetto: 90% delle barriere non è omologato

ROMA – Monteforte Irpino. Guard-rail maledetto, come il 90% delle barriere italiane. Con l’iscrizione di due tecnici della Società Autostrade nell’elenco degli indagati per la strage sulla A16 si apre un capitolo inquietante sulla sicurezza stradale: il 90% delle barriere autostradali non è omologato, cioè nessun ente pubblico ne ha verificato l’adeguatezza, lasciando il compito a costruttori e collaudatori privati. I primi rilevamenti sul luogo dell’incidente hanno accertato come il guard-rail fosse del tipo New Jersey, idoneo a contenere le autovetture ma non abbastanza alto per contenere i mezzi pesanti come camion e pullman. Senza contare che l’omologazione è obbligatoria per legge dal 1992.

Sul Fatto Quotidiano del primo agosto due articoli illustrano bene lo stato dell’arte nella sicurezza autostradale: un “pianto” è la prima sommaria conclusione. Consultando le disposizioni in materia sul sito del Ministero delle Infrastrutture, si può utilmente verificare la distanza tra la normativa e il reale livello di sicurezza perseguita.

C’è scritto che a bordo ponte, proprio come sul viadotto dell’A16, devono essere posate barriere tipo H4, le più resistenti, che per piazzarle a regola d’arte deve essere raddoppiata la consistenza del cordolo autostradale e che dietro ogni barriera devono restare liberi 20 centimetri di cordolo. Nel 1990 le barriere New Jersey del ponte della strage furono montate ad arte? Cioè furono spontaneamente seguite già allora queste linee guida stringenti che però sono state rese vincolanti solo 19 anni dopo? Di certo Autostrade per l’Italia dal 2009 in poi conosceva perfettamente l’esistenza di queste disposizioni perché nello stesso certificato di omologazione ministeriale a un certo punto si fa proprio riferimento ad una “comunicazione della società Autostrade del 30 ottobre 2009”. (Daniele Martini, Il Fatto Quotidiano)

Intanto, con la ricostruzione della dinamica fatale è finita nel mirino degli inquirenti la stessa Società Autostrade per capire cosa può essere andato storto nella catena di controllo del tratto Napoli – Canosa, in particolare sul viadotto Acqualonga. Questo per quanto riguarda le responsabilità sul caso in questione. Resta da far luce sulla sicurezza complessiva. Le leggi ci sono, ma la loro applicazione alla fine è pregiudicata da scappatoie, ostacoli burocratici e incapacità amministrativa.

Dopo la rigorosa legge del 1992, nel 2004 fu approvata una seconda legge altrettanto e forse più rigorosa, ma anche questa di fatto ben presto aggirata. Le aziende inviarono oltre 150 domande di omologazione al ministero dove però atterrarono su un comodo muro di gomma. Il dirigente che avrebbe dovuto istruire le pratiche pensò che era più comodo impilarle in un armadio al secondo piano del ministero a Porta Pia. E lì rimasero per anni finché non arrivò il successore, che però se ne lavò le mani anche lui passando pari pari le carte al Consiglio superiore dove finalmente furono esaminate. Metà furono bocciate. Durò poco. Provvidenziale arrivò l’obbligo europeo della marcatura Ce, subito accolto come una manna negli uffici ministeriali. Le più rigorose omologazioni furono rimandate in soffitta. La marcatura Ce impone controlli più blandi e quindi toglie tanti pensieri a costruttori e concessionarie autostradali. E gli automobilisti? Si arrangino. (Daniele Martini, Il Fatto Quotidiano)