
Una nuova sentenza chiarisce un importante punto della legge - blitzquotidinao.it
Una nuova sentenza della Cassazione chiarisce finalmente la legge, è possibile richiedere un risarcimento.
Certe volte, le parole possono far più male di uno schiaffo sul viso, possono lasciare segni più duraturi di ogni ferita possibile. Le parole hanno potere, un potere spesso che non immaginiamo nemmeno, hanno la capacità di rimanere attaccate alle persone, certe volte per sempre.
Se quindi puniamo le condotte violente, che prevedono il danneggiamento fisico di qualcuno o qualcosa, cosa dovremmo fare con chi insulta e ingiuria? Si tratta comunque di un danno, forse non fisico, non materiale, ma certamente un danno alla persona rimane, specialmente se apostrofata senza motivo con termini offensivi.
Anche se le offese sono gratuite, qualcuno dovrà pagarle
Un recente intervento della Corte di Cassazione ha fatto chiarezza su un punto molto delicato della legislatura moderna, che fa discutere da diverso tempo. Si parla del sottile confine tra libertà di parola in giudizio e il diritto a non essere diffamati, un’area tanto grigia quanto controversa.

Con l’ordinanza n. 12850 del 15 maggio 2025, la Prima Sezione Civile ha stabilito che le offese contenute negli atti difensivi non sono sempre fonte di risarcimento. A meno che, naturalmente, non escano completamente dai binari della causa e diventino denigrazioni gratuite alla persona, atte solo a ferire più del necessario.
Prendiamo l’esempio di due parti che si sono fronteggiate e una delle due, nel difendersi, ha usato espressioni che l’altra ha ritenuto lesive per la propria reputazione. Si arriva a una richiesta di risarcimento per danno morale, che può adesso essere accolta dal giudice di primo grado e poi confermata in appello.
La parte condannata in appello quindi, ha portato il caso in Cassazione, sostenendo che quelle frasi, per quanto dure, rientravano nel diritto alla difesa. I giudici della Suprema Corte hanno accolto il ricorso e fissato un principio tanto chiaro quanto importante per l’equilibrio del sistema giudiziario.
Il diritto alla difesa, spiegano i giudici, è tutelato dalla Costituzione e deve essere esercitato liberamente, quindi in senso lato senza limitazioni. Tuttavia, questo non significa che non ci siano conseguenze, specialmente se le parole utilizzate sono gratuite, offensive e soprattutto estranee al cuore della controversia.
La chiave, dunque, sta nella pertinenza, tenendo conto che un’espressione dura ma legata al merito della causa può essere tollerata, anche se sgradevole. Ma se si va fuori tema solo per colpire la controparte sul piano personale, semplicemente per offendere in maniera gratuita, allora scatta il risarcimento.
È un equilibrio sottile quello sottolineato dalla Cassazione, fondamentale per proteggere sia il diritto alla difesa che il diritto alla dignità delle persone. Allo stesso tempo, sancisce un limite etico e giuridico, cioè che non tutto è lecito, perché le parole avranno sempre un peso.