Russia. Sanzioni, contraccolpi negativi per export e consumi in Italia

Pubblicato il 16 Giugno 2015 - 11:35 OLTRE 6 MESI FA
Import-export italiano

Import-export italiano

ROMA – La crisi ucraina e le sanzioni alla Russia hanno dato un consistente colpo sia all’export e sia ai consumi in Italia. A darne conto sono le analisi condotte da due associazioni aderenti a Confcommercio. La crisi ucraina nel 2014, sottolinea Confcommercio in una nota, ha fatto sparire la Russia dalle prime dieci destinazioni per il nostro export, principalmente a causa dell’introduzione delle sanzioni.

Da un’analisi dell’Aice, l’Associazione Italiana Commercio Estero, emerge che le imprese italiane sono state colpite doppiamente dal gioco delle sanzioni incrociate di Ue e Russia.

Infatti, se il settore dell’agrofood italiano è fortemente penalizzato dalle sanzioni imposte sull’esportazione di prodotti alimentari europei verso la Russia (con danni stimabili superiori al miliardo di euro e un calo di almeno il 25%), tutti gli altri settori merceologici sono colpiti dall’effetto boomerang delle sanzioni europee sul settore finanziario russo, che impedisce di fatto alle banche russe di poter operare e garantire i pagamenti dei compratori russi nei confronti dei fornitori italiani.

Le restrizioni economiche e commerciali imposte alla Russia per il conflitto ucraino stanno causando effetti negativi anche sui consumi in Italia da parte dei turisti provenienti da quelle aree. Da un’indagine di Federmodaitalia-Confcommercio e Global Blue (società leader nei servizi connessi allo shopping tax-free dei turisti stranieri) emerge nei primi tre mesi del 2015 un calo molto pesante sia in termini di volume di acquisti (-54% rispetto a un anno prima), che in valore delle transazioni (-56%) da parte dei clienti russi, con andamenti non molto dissimili per quanto riguarda lo shopping dei turisti ucraini (-42% in quantità e -46% in valore).

Ad eccezione del Giappone, i dati relativi agli acquisti effettuati in Italia dai turisti provenienti da tutti gli altri Paesi registrano variazioni positive. In particolare la Cina (+48% vendite, +36% valore), alcuni Paesi del Sud-Est asiatico (Taiwan +41% e +33%, Corea +35% e +31%, Hong Kong +47% e +17%) e gli Stati Uniti (+33% e +19%).