Curzio Maltese, il “caso” doppio stipendio a Repubblica e Parlamento Ue

di Redazione Blitz
Pubblicato il 23 Settembre 2014 - 11:38 OLTRE 6 MESI FA
Curzio Maltese, il caso doppio stipendio

Curzio Maltese e il caso doppio stipendio

STRASBURGO – Ancora polemica sul doppio stipendio di Curzio Maltese che, eletto al Parlamento europeo con la Lista Tsipras, non ha alcuna intenzione di abbandonare la carriera giornalistica. A confermare le indiscrezioni lanciate dal sito Dagospia è stato lo stesso editorialista che, alla redazione online del Fatto Quotidiano, spiega:

“Sono le solite cazzate di Dagospia. Faccio il giornalista, anche con un certo esito, da 35 anni e, come è noto, lavoro a Repubblica. In campagna elettorale ho sempre detto che avrei continuato a fare il mio lavoro. Quando tornerò dalle ferie firmerò un contratto di collaborazione che, comunque, è una mia offerta”.

Ma il sito di Roberto D’Agostino è tornato all’attacco, riportando un articolo al vetriolo di Nagasaki per libernazione.it:

“Ha spiegato l’euronorevole Curzio Maltese, davanti al comitato di redazione del suo giornale, che la legge non gli impone niente. Quindi, quando la direzione del personale di Repubblica ha provato a metterlo in aspettativa senza stipendio, gli è bastata una letterina dell’avvocato per fargli cambiare idea. Pertanto Maltese si tiene sia i dieci e passa mila euro che gli versa ogni mese Repubblica sia i dieci e passa mila euro che gli bonifica ogni mese il Parlamento europeo”.

La questione sta tutta qui, sull’aspettativa che il quotidiano diretto da Ezio Mauro ha cercato di imporgli al momento della sua elezione a Strasburgo. Maltese, al contrario, vorrebbe un contratto di collaborazione con un compenso equiparato, economicamente, a quello delle altre grandi firme esterne al giornale.

“La mossa – commenta Dagospia – sistema Maltese a vita: 55 anni compiuti, ne avrà 60 al termine della legislatura europea. Quando pertanto passerà senza soluzione di continuità dal doppio stipendio alla doppia pensione. Per lui, Bingo”

Finora però l’intesa sulla collaborazione non c’è stata. Ma, precisa il quotidiano Italia Oggi,

“contrariamente a quanto è stato riportato, l’offerta iniziale dell’azienda per il contratto di collaborazione non sarebbe stata a titolo gratuito”.

 

Di certo c’è solo che l’offerta economica, seppure c’è stata, non è bastata a convincere il giornalista che non ha mai nascosto di voler continuare a fare il proprio mestiere. Tanto più che l’Unione europea glielo consente, dal momento che non esiste alcuna norma sull’incompatibilità tra il ruolo di parlamentare e la professione giornalistica.

La faccenda però resta scivolosa dal punto di vista etico e rischia di far inciampare Maltese sullo stereotipo di quelli che predicano bene e razzolano male. Osserva il sito di D’Agostino:

“Se un cronista che ha sempre il ditino alzato sui doppi incarichi e conflitti di interessi altrui decide di darsi alla cosa pubblica, si candida e si fa eleggere, sarebbe “buona creanza”, eticamente opportuna, visto anche il lauto stipendio che si va ad incassare, chiedere un periodo di aspettativa dal proprio lavoro”.

Senza considerare che la situazione ha esposto l’intera testata ad attacchi esterni. Con il comitato di redazione (cdr) che ha parlato di redazione “umiliata”, auspicando per una soluzione concordata.

Sempre Dagospia, inoltre, riferisce di un certo imbarazzo da parte dello stesso direttore Ezio Mauro, che avrebbe preferito che l’editorialista optasse per l’aspettativa e adesso sta caldeggiando l’idea di inviarlo all’estero “magari in Iraq o in Siria“. Notizia che, riporta il Fatto Quotidiano, il diretto interessato avrebbe categoricamente smentito:

“Ma ti pare che Mauro mi mandi dove dicono loro? Capisco che a Dagospia e a Belpietro dia fastidio che in Italia esistano ancora giornalisti. Secondo te dopo anni di carriera dovrei smettere di fare il mio mestiere perché me lo dicono Libero, D’Agostino o Il Fatto Quotidiano? Dai, con tutti i problemi che abbiamo stiamo qui a perdere tempo tempo”.

Il caso Maltese fa il paio con quello della collega, Barbara Spinelli. Anche lei editorialista di Repubblica e anche lei eletta a Strasburgo: in campagna elettorale Spinelli aveva definito la sua una candidatura di bandiera ma, una volta eletta, si è tenuta lo scranno.