Il GPS può intercettare gli tsunami meglio dei sismografi: lo studio

Uno studio condotto da alcune università del Giappone , in collaborazione con lo University College London, ha dimostrato che la rete GPS potenzialmente potrebbe essere sfruttata per rilevare in modo più preciso ed efficace il possibile originarsi di tsunami.

di Luca Viscardi
Pubblicato il 12 Maggio 2022 - 12:19 OLTRE 6 MESI FA
Il GPS può intercettare gli tsunami meglio dei sismografi: lo studio

©University of London

La rete satellitare GPS è conosciuta come strumento incredibilmente funzionale per coloro che si muovono in macchina, con i mezzi di trasporto o anche solamente con le proprie gambe. Da oggi però potrebbe diventare un strumento utile anche in un altro campo come quello della prevenzione e difesa dagli tsunami.

Come probabilmente molti già sanno, negli ultimi eventi catastrofici causati da uno tsunami, l’elemento che ha giocato a sfavore delle popolazioni coinvolte è stato il tempo.

Sia in occasione dello tsunami devastante dell’Indonesia nel 2004, che in quella del catastrofico evento naturale in Giappone del 2011, sarebbero bastati pochi minuti in più a disposizione della popolazione per ridurre drasticamente il conteggio delle vittime.

Non possiamo dire che un allarme anticipato avrebbe totalmente eliminato i rischi, ma anche solo pochi minuti avrebbero contribuito a mettere in salvo migliaia di persone che invece sono state poi travolte dalle acque.

Lo studio sull’uso del GPS

Uno studio condotto da alcune università del Giappone , in collaborazione con lo University College London, ha dimostrato che la rete GPS potenzialmente potrebbe essere sfruttata per rilevare in modo più preciso ed efficace il possibile originarsi di tsunami. Approfondendo quanto emerso dalla ricerca, si intuisce che i sistemi GPS sarebbero capaci di rilevare le cosiddette “onde distruttive” dallo spazio e di segnalare il possibile pericolo con tempistiche più ridotte e informazioni più esatte rispetto a quanto accade ora.

L’origine di uno tsunami

Uno tsunami ha solitamente origine da una scossa di terremoto, un’eruzione vulcanica o una valanga sulla costa. Il verificarsi di questi eventi infatti causa movimenti innaturali della crosta provocando “agitazione” nelle acque dell’oceano: si formano così “onde distruttive” che assumono una dimensione maggiore, man mano si avvicinano alla riva, diventando cosi un fenomeno estremamente pericoloso.

Curiosamente, le onde distruttive hanno una dimensione molto contenuta quando vengono generate, ma crescono di intensità, velocità e forza mentre si avvicinano alla costa, raggiungendo in alcuni casi altezze anche di decine di metri, quando all’origine si può parlare di pochi centimetri.

Come rilevare gli tsunami con il segnale GPS

Gli studiosi coinvolti nella ricerca di cui riferiamo oggi, hanno rilevato come il movimento delle acque generi un effetto non solo nella direzione della terraferma, ma anche verso l’alto con un’alterazione verticale che raggiunge la ionosfera. La formazione di un’ “onda distruttiva” dà vita infatti ad un importante spostamento d’aria, che viene chiamato “onda acustica”. L’onda acustica viaggia nell’atmosfera fino a raggiungere la ionosfera. Durante il tragitto, la potenza dello spostamento d’aria aumenta. Una volta arrivata nella ionosfera, la forza dell’impatto genera una variazione nella densità degli elettroni, provocando un cambiamento anche nel segnale radio che i satelliti GPS inviano ai ricevitori terrestri. Secondo i risultati della ricerca, questi mutamenti nei segnali radio, se analizzati e interpretati nel modo corretto, possono essere sfruttati per segnalare e rilevare con maggiore precisione la possibilità dell’arrivo di uno tsunami.

Come rilevare oggi gli tsunami

Oggi gli tsunami vengono rilevati utilizzando i sismografi, che analizzano l’attività sismica di un determinato territorio: nel momento in cui questi apparecchi percepiscono una scossa, allora gli esperti sono in grado di segnalare un potenziale pericolo tsunami. Purtroppo però queste previsione non garantiscono grande precisione né a livello temporale né a livello di intensità. Una mancanza di “efficienza” che in alcune situazioni si è rivelata fatale. È il caso ad esempio di quanto accaduto in Giappone nel 2011, quando la sottovalutazione di un fenomeno sismico e del conseguente tsunami da esso scaturito, causò una catastrofe. Oltre alle adeguate informazioni, a mancare fu anche un effettivo corretto preavviso. Con l’utilizzo del segnale GPS queste problematiche potrebbero essere risolte, sfruttando un sistema già ampiamente funzionante, che quindi richiede bassi costi. La vera differenza tra il metodo che utilizziamo oggi e quello che potenzialmente potremmo organizzare sfruttando la rete satellitare GPS sta nella velocità delle informazioni: attraverso i sismografi possiamo solo ipotizzare la presenza di uno tsunami, generando però spesso falsi allarmi. Il sistema satellitare GPS, invece, è in grado di rilevare l’effettiva presenza del pericolo e di comunicare con una velocità molto più elevata rispetto a quella di qualunque altro strumento oggi conosciuto. Senza contare il fatto che il segnale GPS viene trasmesso a miliardi di smartphone nel mondo, che possono rappresentare un ulteriore strumento per la notifica del pericolo.

Quando si utilizzerà questa tecnologia

Ancora non si sa con precisione quando la nuova soluzione diverrà un metodo standard, adottato su scala globale. Si possono però intravedere moltissimi vantaggi, in primo luogo perché la rete è già esistente e funzionante, i ricevitori sono già presenti sul territorio e si tratterebbe solo di dotare alcuni dei ricevitori del software necessario per decodificare i dati creati dai fenomeni naturali. Fortunatamente, quella dello tsunami è una catastrofe ambientale che ricorre con una scarsa frequenza: l’impatto drammatico che però ha generato nelle occasioni in cui si è verificato impone sensibilità per questo argomento e l’auspicio che questa nuova soluzione possa diventare presto uno standard condiviso.