Peggio togliere un bambino ai genitori o comprarsi un neonato al mercato, nero?

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 15 Novembre 2013 - 14:51 OLTRE 6 MESI FA

uteroCREMA – Cosa è peggio: strappare un bambino ai suoi genitori e affidarlo a degli sconosciuti, o comprare un neonato come fosse una merce qualsiasi? Estremizzata certo, ma è questa la questione, l’interrogativo di base che bisogna sciogliere per comprendere la storia dei due genitori cremaschi cui è stato tolto il loro bambino da un tribunale. E questo perché avevano, almeno in parte inconsapevolmente, contraffatto i documenti.

La storia è quella di due giovani allevatori, o piccoli imprenditori che dir si voglia, che nonostante gli sforzi non riescono ad avere un figlio. Dopo averle provate più o meno tutte decidono di rivolgersi ad una clinica ucraina che offre la possibilità di diventare genitori attraverso madri surrogate, in altre parole con un utero in affitto. Pratica illecita in Italia ma perfettamente legale altrove, come in Ucraina.

Le cose vanno così: i due versano alla clinica una importante somma di denaro, 60 mila euro secondo La Stampa, 30 per la madre surrogata e 30 per la clinica, e l’aspirante padre invia il suo seme per posta affinché venga usato per fecondare l’ovulo che poi sarà impiantato. Tutto va per il meglio, nasce un bel maschietto, la madre biologica non riconosce il piccolo che viene riconosciuto solo dal padre italiano che, a questo punto, ha solo bisogno di rientrare a Crema e registrare il bambino all’anagrafe italiana. Tutto assolutamente secondo legge.

Tornati a casa i freschi e felici genitori vanno all’anagrafe dove si dichiarano genitori biologici e, facendo questo, commettono un reato grave: alterazione di stato, punito con pene dai  5 ai 15 anni di reclusione. Commettono, e il plurale non è sbagliato anche se i due lo scopriranno solo dopo, perché non solo la mamma non è evidentemente la genitrice biologica, ma perché anche sulla paternità il test del dna del piccolo lascerà parecchi dubbi.

Caso vuole che all’anagrafe, quel giorno, lavori una persona che conosce la coppia e che, non avendo mai visto la giovane mamma incinta, invia una segnalazione sul caso. Giustizia e burocrazia non sono certo sinonimo di velocità nel nostro Paese e così passano quasi due anni quando, un bel giorno, i servizi sociali si presentano a casa della coppia per togliere loro in bambino e portarlo in una comunità protetta.

Fabio Poletti, su La Stampa,si domanda: “E’ più grave affittare un utero in Ucraina o togliere un bambino che già dice mamma e papà ad una coppia che da un anno lo cresce con amore?”. L’interrogativo, posto in questa forma, contiene già in se la risposta. Ma la questione meriterebbe forse di un qualche ragionamento. Anche perché la “colpa” contestata ai due non è quella di aver affittato un utero, ma di aver mentito all’anagrafe sull’identità del piccolo.

Certo è che per il bene e per la salute psicologica del bambino, la decisione di toglierlo a quelli che, biologicamente o meno, sono di fatto i suoi genitori è una decisione controproducente e quindi sbagliata. E’ anche vero però che dietro alla scelta fatta dai giudici non c’è solo una legge ottusa che non guarda alla realtà pratica delle cose, ma anche dei principi sacrosanti. Se infatti i due genitori quel bambino l’avessero comprato sul mercato nero delle adozioni, che esiste ed ha anche un discreto giro d’affari, spacciandolo poi per loro, e se peggio lo avessero rapito? Quella stessa legge che in questo caso appare ottusa tornerebbe ad avere un senso, un senso di salvaguardia dei minori e non solo.

Certo, la legge stabilisce principi generali, e talvolta può anche sbagliare. Come probabilmente accade in questo caso dove persone in buona fede rischiano di finire in carcere, o di non vedere mai più il loro bambino, per quella che in questo caso è stata una leggerezza. Il problema delle leggi non sta però in chi le applica, quanto in chi le scrive. E le pensa. Stabilire che non si possa mentire sulla paternità e sulla maternità è cosa giusta. Sancire che non si può ricorrere alla fecondazione eterologa, condannando migliaia di italiani a migrare verso paesi dove la legislazione è diversa, e non paesi del terzo mondo ma paesi come Stati Uniti, Inghilterra, Spagna, appare assai meno corretto. E apre la strada a vicende come quella dei genitori di Crema.