Barca Nostra, il barcone dimenticato dei 1000 morti rivive a Venezia

di Andrea Armaro
Pubblicato il 24 Maggio 2019 - 13:36| Aggiornato il 25 Maggio 2019 OLTRE 6 MESI FA
Barca Nostra, il barcone dimenticato dei 1000 morti rivive alla Biennale di Venezia

Barca Nostra, il barcone dimenticato dei 1000 morti rivive a Venezia (Foto d’archivio Ansa)

ROMA – La notte del 18 aprile 2015 un barcone colmo di circa 1000 persone affondò a 100 km dalle coste libiche, per depositarsi sul fondale a 400 metri di profondità. Questo “Barcone”, come noi allora lo chiamammo, un barcone senza nome, rappresenta il disastro più grande del Mediterraneo in tempo di pace, ma, raffigura anche un intero periodo storico segnato dalla tragedia che non va dimenticato.

Questo piccolo peschereccio, con il suo carico di resti di persone, è un impareggiabile simbolo delle violazioni dei diritti umani e del più grande disastro correlato alle migrazioni di questo secolo. E’ anche il simbolo dell’Italia, unico Paese in tutta Europa ad occuparsi seriamente del tema immigrazione, prima nel tentativo di salvaguardare il maggior numero possibile di vite umane, poi nel restituire dignità a questi resti nel rispetto del dolore di quanti figli, genitori e fratelli vegliano sui loro cari deceduti in questa circostanza.

Seppure segno della nostra impotenza questo barcone è un segno dell’impegno che con dedizione e grande umanità diverse agenzie hanno svolto in nome degli italiani e per conto della Repubblica. La nostra Marina Militare, con grande abnegazione e professionalità, ha raccolto i resti dal fondale,  recuperato il barcone e creato un luogo ad Augusta, dove per tre mesi nel 2016 i medici legali di 12 Università hanno operato. L’Ufficio del Commissario Straordinario per le Persone Scomparse, del Ministero dell’Interno, ha organizzato e presiede tuttora le operazioni di identificazione delle vittime.

I Vigili del Fuoco di Siracusa hanno messo in sicurezza il barcone e recuperato le vittime. La Polizia Scientifica ha collaborato alle operazioni di repertazione. La Prefettura di Siracusa ha organizzato le sepolture, l’Asl di Catania ha allestito le tende con strumentazione autoptica. Il Corpo militare della Croce Rossa Italiana ha prestato i camion frigoriferi. Un impegno ed uno sforzo corale dello Stato teso a dare dignità e memoria alle persone scomparse, restituire ai familiari una certezza e custodire il loro ricordo. Questo fa uno Stato serio. Questo sentì di fare il Governo Renzi

L’Università di Milano da tre anni lavora insieme alle autorità competenti sui resti di queste vittime per portare risposte ai familiari dell’Africa sub Sahariana e del Medio Oriente, in quella che è la più grande operazione scientifica umanitaria di questi tempi – due vittime della Mauritania sono già state identificate e numerose famiglie dall’Africa subsahariana tramite la Croce Rossa stanno inviando i dati dei loro cari. 

Il barcone ha perciò un’enorme valenza morale, storica e simbolica ed è per questo che nel corso degli anni lo abbiamo preservato e custodito come una reliquia, come testimonianza opposta alla dimenticanza e all’oblio. Sarebbe stato certo meglio portarlo a Bruxelles, capitale di quell’Europa che si gira dall’altra parte, o a Milano dove si era pensato un progetto più articolato, insieme all’Università Statale, all’Unhcr italiana con il sostegno di Filippo Grandi, Alto Commissario Onu per i rifugiati  e al regista Alejandro G. Inarritu (vincitore di 5 premi Oscar) che comprendeva anche un Museo della Memoria.  

Il Governo, grazie all’impegno di Lia Quartapelle, aveva persino finanziato il progetto di trasferimento e installazione. Ma la subalternità culturale e la paura di polemiche per l’avvicinarsi delle elezioni politiche ha vanificato ogni intento. Oggi, grazie all’artista svizzero Cristoph Buchel, alla determinazione di Maria Chiara Di Trapani e al Comitato 18 Aprile di Augusta, quella che i promotori chiamano giustamente la  “Barca Nostra”  arriva alla Biennale di Venezia, nella città che da sempre si apre al mare  perché il mondo ascolti direttamente dalla sua viva voce la sua tragica storia di morte affinché essa non abbia più a ripetersi. Non lasciamo solo, non sprechiamo questa occasione.