Conte o le mamme di Kabul: Talebani distensivi o figli lanciati oltre il muro

di Lucio Fero
Pubblicato il 20 Agosto 2021 - 09:07 OLTRE 6 MESI FA
Conte o le mamme di Kabul: Talebani distensivi o figli lanciati oltre il muro

Conte o le mamme di Kabul: Talebani distensivi o figli lanciati oltre il muro (Foto d’archivio Ansa)

Conte ci ha pensato, non ha parlato subito e senza pensare. Sentendosi non solo leader di partito ma anche uomo di governo ha ponderato e pronunciato una ovvietà che riguarda e tocca tutti i governi del pianeta: se a Kabul comandano i Talebani, allora con i Talebani bisogna parlare.

Ma Conte ha voluto andare oltre, ha voluto offrire un prodotto campione del suo bagaglio culturale e in fondo ideologico, si è avventurato in una valutazione niente meno che politico-strategica. E, quel che è peggio, lo ha fatto nel linguaggio stralunato e grottesco delle cronache e vicende politiche italiane. Quindi ha battezzato come “distensivi”, sì distensivi i Talebani che si sono ripresi l’Afghanistan.

Alibi di Conte sui talebani: l’ambiente

Distensivi i Talebani? Può essere distensiva una teocrazia in armi? Può essere distensivo un regime basato su un monoteismo feroce e intollerante? Può essere distensiva una cultura che ha in odio e sospetto la stessa libertà dell’individuo? Conte ha però un alibi per aver usato a sproposito l’aggettivo distensivo.

L’alibi è l’ambiente in cui si muove. Gran parte della stampa italiana ha ascoltato, percepito e raccontato la conferenza stampa dei Talebani a Kabul secondo canoni e concetti abitudinari e consolidati. Cioè quelli del teatrino politico italiano. Dalla stampa italiana è venuta la trovata brillante di coniare la definizione talebani-democristiani, qualcuno si sarà anche congratulato con se stesso.

Tutta la vicenda su cosa faranno i Talebani è stata ed è raccontata come fosse una battaglia tra correnti interne di un partito politico italiano, manca poco qualcuno non scriverà come tra Talebani ci sia una corsa alle nomine. Non è cattiva volontà, è che una intera scuola e tradizione di giornalismo ha insegnato a non saper fare altro che arabeschi sul nulla, anzi arabeschi sulle parole dei politici.

Alla fine sono rimaste solo le parole e le cose, le cose vere, sono uscite dalla sfera di competenza e nozione di molto, se non tutto, il giornalismo politico. Lo stesso vale per i politici. E’ questo l’alibi di Conte: lui parla solo italiano politichese e in questa lingua piccola piccola e solo in questo mondo tanto artefatto quanto provinciale i Talebani possono essere “distensivi”.

Quando una mamma dà via un figlio perché viva

Quando una mamma dà via un figlio perché viva è perché l’alternativa è l’orrore. Quei genitori afghani che all’aeroporto di Kabul quasi lanciano i loro figli oltre il muro, che implorano i soldati americani di prendere i bambini, che affrontano l’indicibile strazio dello sperare di dire addio ai propri figli non raccontano di talebani distensivi. Le mamme di Kabul parlano la lingua delle cose del mondo, tragicamente. Giuseppe Conte parla la lingua delle parole del politichese, pateticamente.

Comma 22 dell’Occidente

Ma Giuseppe Conte non è il solo. E’ pieno in Italia, anzi è quasi una costante che chi per anni si è opposto alla presenza militare occidentale in Afghanistan sia oggi quello che con maggiore tono e volume condanni la vile ritirata e chieda e pretenda si faccia…Si faccia cosa? Qualcosa. E’ una delle forme del Comma 22 della politica, della propaganda, della pedagogia sociale e delle pubbliche opinioni in Occidente.

Dice il Comma 22: chi non ferma i Talebani è senza anima, senza cuore e senza onore e umanità. Ma chi ferma i Talebani è un guerrafondaio nemico della pace.