Il Papa decapitò Beatrice Cenci, don Mazzi salva la Levato

di Redazione Blitz
Pubblicato il 21 Agosto 2015 - 12:52| Aggiornato il 22 Agosto 2015 OLTRE 6 MESI FA
Dalla Cenci a Miss Acido, come Chiesa cambia , signora mia

Ritratto di Beatrice Cenci attribuito a Guido Reni

ROMA – Don Mazzi è un presbitero, ordinato sacerdote ormai sono 60 anni con un concetto molto relativo del perdono cristiano. Per lui Martina Levato lo merita, a prescindere. Martina ha sfigurato a vita l’ex fidanzato con l’acido, il giovane ha già subito 18 operazioni. Un altro ex lo ha quasi evirato. Per questo è stata condannata a 14 anni ma dal momento che nel frattempo ha partorito il piccolo Achille la vicenda è diventato il tormentone giornalistico agostano.

E quando titoloni telecamere e flash impazzano Don Mazzi entra in campo: nella sua comunità di recupero tossicodipendenti c’è un’ampia sezione per celebrities che, come Fabrizio Corona, hanno sviluppato una particolare forma allergica alla cella. Potremmo abbandonare Don Mazzi alla sua eccentrica amministrazione della giurisprudenza e del perdono (“Martina non è cattiva, è vittima di una setta”, ma una volta si è sfogato affermando “perdonerei un assassino ma non i giudici che hanno condannato Berlusconi”).

Tuttavia resta pur sempre un rappresentante della Chiesa, quella stessa Chiesa che si vede e pretende uguale da duemila anni a quella di Pietro. Nessuno dei numerosi e vocianti esponenti delle gerarchie ecclesiastiche, ha osato censurare il don dal perdono facile.

Sembrano lontani i tempi in cui Beatrice Cenci, accusata di aver comandato l’omicidio del padre che abusava di lei fu decapitata insieme alla madre per ordine di Papa Clemente VIII sulla pubblica piazza. Dopo esser stata torturata con la corda, i fratelli squartati, i beni e i titoli requisiti e venduti ai Borghese (compreso il ritratto di Beatrice attribuito a Guido Reni).

Del resto, come tutti i mercati, anche quello delle indulgenze oscilla e fluttua senza posa. Qual è la quotazione attuale dello sfregio con acido (e con prole) per ottenere il perdono? I vescovi per bocca di monsignor Galantino versione 5 Stelle non perdonano la casta dei politici, “harem di cooptati e furbi”, tranne quando fa carte false pur di non riscuotere il giusto tributo sugli immobili del Vaticano. Chiudono le chiese per Piergiorgio Welby per non consentire a un suicida di ricevere un degno saluto cristiano ma spalancano i portoni per i boss trapassati, ‘ndranghetisti in Calabria o Casamonica a Roma che siano.

Nel 1598 Francesco Cenci, ultimo esponente di una famiglia dell’aristocrazia nera e padre violatore della figlia, fu arrestato in seguito ad un’accusa di abusi sessuali e fu costretto a pagare una forte ammenda per essere scarcerato e scagionato dalla terribile ed infamante imputazione. Qualche secolo più tardi solo il rischio concreto di una class action seria negli Stati Uniti capace di rendere davvero la Chiesa povera e francescana ha indotto il Vaticano, a fatica, con riluttanza, a cambiar registro sui preti pedofili la cui difesa a oltranza cos’è se non altra forma di perdono? In ogni caso, manca poco al Giubileo quando ci verranno finalmente rimessi tutti i peccati, perfino l’aborto. A ciascuno il suo, a prezzi modici. Alla romana.