Banche: il gran partito dei controlli pochi, rimborsi tanti

di Lucio Fero
Pubblicato il 20 Ottobre 2017 - 15:09 OLTRE 6 MESI FA
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Banche, due vittime del decreto salva banche (foto Ansa)

ROMA – Banche, il gran partito. Da un secolo e mezzo, facciamo dall’unità nazionale, sulle e per le banche italiane c’è un grande, grande partito. E’ infatti tradizione che ha attraversato l’Ottocento e poi il Novecento tutto, prima e dopo di entrambi i conflitti mondiali, e che è stata rispettata e osservata anche nello scorcio in corso degli anni Duemila. La tradizione è che se le banche, private o pubbliche che siano, vanno per aria, allora il contribuente italiano ripiana le perdite e paga il conto.

La tradizione e la prassi non conoscono deroghe, oltre che tradizione e prassi questo agire è il respiro stesso del sistema, è la sua condizione naturale di esistenza.

Le banche in Italia infatti hanno sempre finanziato l’intera imprenditoria italiana. Con percentuali storicamente superiori al 90 per cento del capitale impiegato. Insomma l’imprenditoria italiana di capitale ne ha sempre avuto poco e messo di meno in azienda. Per non parlare della Borsa italiana sempre asfittica e nana. L’imprenditoria italiana si finanzia dalle banche ed è banco-dipendente. Quindi le banche possono fino a un certo punto discriminare chi finanziano, devono finanziare più o meno tutti.

Perché le banche italiane non hanno nel sistema la sola funzione ipertrofica di finanziare l’imprenditoria. Hanno anche il compito sociale di tener coeso il cosiddetto territorio. Insomma le banche devono quasi per statuto dare la loro brava mano a creare consenso e pace sociale. Insomma devono far girare soldi e distribuirli, spalmarli, appunto, sul territorio.

Poiché il sistema istituzionale politico ed economico e sociale assegna da sempre alle banche italiane la funzione di colla e collante della tenuta generale, ne consegue che storicamente non si è voluto gravare le banche del peso suppletivo dell’essere sottoposte a reali controlli. Banche pubbliche finanziavano e hanno finanziato il deficit pubblico e privato fino a scoppiare, banche”di territorio” prestavano e prestano soldi con criteri assai politici. E politici in Italia vuol dire un po’ a tutti.

Se alle banche italiane applicavi rigidi controlli, allora le banche non potevano fare più quel che si vuole che facciano: finanziare senza tante storie. Il gran partito dei pochi controlli è dunque storicamente, e ancora oggi, il partito della stabilità e delle istituzioni. Ne fa fede la cronaca delle ultime ore e giorni.

Che poi è lo stesso gran partito dei tanti rimborsi. Se la banca salta in aria in Italia il conto lo pagherà lo Stato, cioè il contribuente. E’ una garanzia, una sorta di sicurezza sociale. L’idea stessa di un investimento che comporta perdita suona osceno alla pubblica opinione educata da decenni e secoli al sistema del qualcun altro pagherà.

Banche: il gran partito dei controlli pochi e rimborsi tanti è davvero grande. Aderiscono le istituzioni tutte e tutto il sistema politico che vede nella stabilità il bene supremo e stabilità vuol dire che le banche devono essere vigilate sì, ma controllate davvero poco. Altrimenti come fanno a finanziare il sistema tutto?

Al gran partito dei controlli pochi rimborsi tanti aderiscono forze sindacali e politiche, organizzazioni di categoria e di territorio. Aderisce la sinistra rivoluzionaria e la destra sovranista. Ha ragione Di Maio quando dice che Renzi criticando l’efficacia della vigilanza sulle banche cerca di farsi “una verginità che non ha”. Ha ragione Di Maio, peccato che nasconda la sua tessera di adesione al gran partito dei controlli pochi, rimborsi tanti. Perché, quando si tratta di banche, cioè di soldi al sistema, M5S è per la stabilità, assoluta.