Agcom verso Rai e Mediaset due pesi e due misure, per Vincenzo Vita il conflitto d’interessi è sempre in agguato

di Vincenzo Vita
Pubblicato il 23 Maggio 2021 - 14:07 OLTRE 6 MESI FA
Agcom verso Rai e Mediaset due pesi e due misure, per Vincenzo Vita il conflitto d'interessi è sempre in agguato

Agcom verso Rai e Mediaset due pesi e due misure, per Vincenzo Vita il conflitto d’interessi è sempre in agguato

Agcom: secondo Vincenzo Vita è una “Autorità a una dimensione”, come sostiene in questo articolo pubblicato anche sul Manifesto. Fra Rai e Mediaset, due pesi, due misure. Per usare un dolce eufemismo. L’incubo permanente del conflitto di interessi tracima anche sul digitale terrestre.

 Nel volgere di pochi giorni dello scorso mese di aprile, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha varato una coppia di delibere. Che sono indicative di un ben preciso clima politico e culturale.

Vale a dire, il privilegio attribuito da Agcom a Mediaset nel vecchio e sistema televisivo

In un articolo pubblicato il 14 maggio su L’Espresso online, un giornalista attento a tali vicende 
come Carlo Tecce ha fatto conoscere una imbarazzante decisione dell’Agcom. Volta a dare la
patente di rete nazionale generalista al canale 20 del digitale terrestre (151 su Sky). Che si identifica
con il simbolo del biscione. Insomma, entra in scena un vero e proprio quarto canale, alla stregua dei
noti Canale5, Rete4 e Italia1.

Agcom replica in stile azzeccagarbugli

La replica dell’Agcom allo scritto disvelatore è in puro stile da azzeccagarbugli. Ci si riferisce
all’articolo 1 comma 1035 della legge di bilancio del 2018, in merito alla numerazione dei canali. Ma
che c’entra la collocazione sul telecomando con il riconoscimento delle frequenze acquisite da
Mediaset nel 2017 da Rete Capri a mo’ di soggetto appartenente alla prima fascia delle emittenti?

Sulla vicenda di Rete Capri si potrebbe scrivere un romanzetto. Vedi il via libera amministrativo del 1999 da parte di un Tar incompetente territorialmente, senza opposizione dell’Avvocatura dello Stato. 

In verità, l’unica scusante per l’organismo presieduto da Giacomo Lasorella è di avere come
complice il ministero dello Sviluppo economico. Cui sono demandate le responsabilità in merito alla
numerazione. Tuttavia, non sarà un caso se l’atto è firmato da Laura Aria, certamente esperta e
professionalmente avveduta, e tuttavia voluta lì da Forza Italia.

Il conflitto di interessi è un incubo permanente?

Neppure regge l’alibi del comma 7 dell’articolo 43 del Testo unico della radiodiffusione del 2005. Esso trasformò il limite del 20% delle reti nazionali analogiche previsto dalle l. 249 del 1997 come
tetto antitrust, in uno sbiadito 20% dei programmi riferiti all’intero universo digitale. Governava
Gasparri.

Non è lecito, però, stravolgere così un mosaico differenziato. Rai1 o Canale5 non si possono
assimilare, ad esempio, a un tasto che corre sul digitale. Il potere dei media e nei media esiste,
eccome.

Mettiamo in relazione quella delibera con la cugina – pressoché contestuale- che ha punito la Rai per
uno sforamento notturno negli affollamenti pubblicitari. La capacità coercitiva di un’istituzione altre
volte distratta si è abbattuta con precisione cronometrica su di un surplus pubblicitario del 2,4% tra
la mezzanotte e l’una del 27 settembre del 2020.

La Rai ha una percentuale di spot consentiti del 12% per ora di trasmissione, con una tolleranza del
2% se si recupera prima o dopo. In quel periodo fatidico il servizio pubblico toccò il 16,4%.
Naturalmente, in quella finestra l’ascolto è basso: la corsa alle inserzioni avviene nella prima
serata. 15.493,50 euro di multa. Poco o tanto che sia, viene da riflettere.

Infrazioni quotidiane alla Par condicio

A occhio nudo si riscontrano infrazioni quotidiane della par condicio (per dirne una: Calenda non
stop in video). O, sui canali privati, della disciplina sulle interruzioni dei film. Insomma, gli interventi sanzionatori sembrano a senso unico.

Non c‘è neppure bisogno di sottolineare quanto sia doveroso avere la massima cura nel tutelare
indipendenza e imparzialità. Soprattutto se si vuole interagire con determinazione nei confronti degli
oligarchi della rete. Nel momento in cui in Europa spira finalmente un vento regolatorio.

Sembra, invece, di assistere ad un copione logoro, ma sempre attuale. Mediaset è «più uguale» del
resto del mondo e una certa benevolenza è sempre accordata. Magari in cambio di un atteggiamento
politicamente morbido della casa madre politica. Peccato che Rete4, forse contravvenendo agli stessi
input di Silvio Berlusconi e Gianni Letta, sia diventata un megafono di Matteo Salvini.

Non è forse ragionevole, a questo punto, approfittare del recepimento della direttiva europea sui
servizi media audiovisivi (2018/1808) per operare un ripensamento. Che riallinei l’Italia ai paesi
evoluti, ed azzeri i privilegi?