Sergio Zavoli, avrebbe compiuto 100 anni il 21-9, il suo lascito: non arrendersi né agli algoritmi, né al trash

Sergio Zavoli, il socialista di Dio, avrebbe compiuto 100 anni il 21 settembre, il suolascito: non arrendersi né agli algoritmi, né al trash

di Vincenzo Vita
Pubblicato il 24 Settembre 2023 - 20:37 OLTRE 6 MESI FA
Sergio Zavoli, il socialista di Dio, avrebbe compiuto 100 anni il 21 settembre, il suolascito: non arrendersi né agli algoritmi, né al trash.

Sergio Zavoli, il socialista di Dio, avrebbe compiuto 100 anni il 21 settembre, il suolascito: non arrendersi né agli algoritmi, né al trash.

Memoria di Sergio Zavoli, il socialista di Dio,  il tributo commosso di Vincenzo Vita in questo articolo pubblicato anche sul Manifesto.

Il 21 di settembre di quest’anno Sergio Zavoli avrebbe compiuto 100 anni. 

Il 4 agosto del 2020 ci lasciò, dopo una vita attivissima fino a qualche giorno prima della morte.

La biografia del socialista di dio è talmente ricca che sintetizzarla è impossibile. Bastino alcuni titoli per ricordare un talento straordinario.

Clausura, l’intervista del 1957 fatta alle monache che gli valse il Premio Italia; Nascita di una dittatura del 1972; La notte della Repubblica del 1989/1990; l’intervista a Franco Basaglia del 1968; il memorabile Processo alla tappa andato in onda dal 1972 al1980 (nella versione originaria, ripresa in seguito dalla Rai con altri protagonisti), che aveva ascolti fino a otto milioni di persone nel primo pomeriggio. Del resto, quel Processo raccontava con il ciclismo l’Italia e la sua anima popolare. 

E poi libri, a partire -appunto- dal Socialista di Dio, che gli valse il Premio Bancarella nel 1981. Peraltro, la biblioteca di Zavoli sarà custodita dal Senato della Repubblica. È stato, infatti, senatore dal 2001 al 2018, dopo aver diretto Il Mattino di Napoli.

Ha presieduto la Commissione parlamentare di vigilanza sul servizio pubblico radiotelevisivo dal 2009 al 2013 e i seminari che allora si tennero (pubblicati in appositi volumi) rappresentano un livello qualitativo mai più raggiunto. E della Rai fu Presidente dal 1980 al 1986.

Da una storia socialista Zavoli approdò al Partito democratico, pur mantenendo sempre indipendenza e autonomia nei giudizi.

Perché è utile oggi ricordare colui che unanimemente è collocato nel Pantheon degli intellettuali italiani e nell’Olimpo del giornalismo? 

Sono previste celebrazioni, a partire da quella presso l’Archivio storico della Presidenza della Repubblica del 22 settembre –preparata con il contributo della moglie Alessandra Chello- e da qualche (limitata) iniziativa nella programmazione televisiva.

La ragione principale di un ricordo non retorico risiede in una virtù oggi pressoché dispersa, con poche eccezioni.  Vale a dire l’intervista.

Ora, in una stagione mediaticamente deprimente, sono alla moda le rincorse nei pressi di Montecitorio di deputati con il trolley e la telecamera magari senza neppure il giornalista. Rispostine vaghe e spesso presuntuose. Così si costruiscono gli odierni pastoni politici dei telegiornali. E, poi, la volgarità prevalente nei talk, con dialoghi improvvisati o preordinati che un’intelligenza artificiale farebbe meglio. Per non dire dell’utilizzo a mo’ di comparsa vociante della rude razza pagana (Mario Tronti era compagno di banco di Zavoli al Senato): il populismo della porta accanto, capace di ridurre a plebe i ceti deboli della società.

Nei programmi di Zavoli vi era come una mistica dell’intervista. Quest’ultima era preparata, seguita e rivista in sala di montaggio. Si dirà, ma è l’epoca dell’istantaneità, quella dei social. Qui sta il punto. Per Zavoli, la costruzione dell’offerta informativa era una sorta di preghiera laica. L’intervista doveva avere lo stesso grado qualitativo di un libro o di un’opera cinematografica. La chiamava televisione intelligente. 

Per fare un esempio, quel capolavoro che è il servizio nella casa di cura psichiatrica di Gorizia con Franco Basaglia e i suoi assistiti: riusciva a dare voce con cura e sensibilità a coloro che la vulgata chiamava matti. Discutevano tranquillamente con l’intervistatore, che aveva dato loro fiducia e riconoscimento come persone.

Si potrebbe andare avanti. Vi sono testi ben documentati per chi volesse approfondire.

Si vuol contribuire alla memoria di un fuoriclasse cercando di riportare il discorso sulla questione che maggiormente lo ha arrovellato: lo spirito pubblico dell’informazione, con il pieno rispetto di chi legge, o ascolta, o guarda.

Il lascito di Zavoli è questo: non arrendersi né agli algoritmi, né al trash.

PS: la Commissione di vigilanza sta per varare il parere sul Contratto di servizio tra Stato e Rai. Il giornalismo di inchiesta tornerà a far parte del testo? E il cuore della faccenda («Offerta di servizio pubblico») rimarrà un allegato, al pari degli impianti di trasmissione?