Tv, internet, copyright, dall’Europa 38 direttive, 17 regolamenti, 18 criteri applicativi, i media sono cambiati

di Vincenzo Vita
Pubblicato il 9 Maggio 2021 - 19:29 OLTRE 6 MESI FA
Tv, internet, copyright, dall'Europa 38 direttive, 17 regolamenti, 18 criteri applicativi, i media sono cambiati. Nella foto Berlusconi

Tv, internet, copyright, dall’Europa 38 direttive, 17 regolamenti, 18 criteri applicativi, dite a Berlusconi che i media sono cambiati

Tv, internet, copyright: approvi una legge e prendi 38 direttive da Bruxelles, constata Vincenzo Vita in questo articolo pubblicato anche sul Manifesto. 

La Gazzetta ufficiale ha pubblicato la legge di delegazione europea (legge 22/4/2021 n.53).

Si tratta di un enorme contenitore, comprensivo di trentotto direttive, diciassette regolamenti e diciotto criteri applicativi.

Parliamo dei capitoli (quattro) che hanno a che fare con l’universo della comunicazione. 2018/1808
sui servizi media audiovisivi. 2018/1972, che istituisce il codice europeo delle comunicazioni
elettroniche. 2019/789 e 2019/790 sui temi inerenti al diritto d’autore.

Non è una vicenda minore. Al contrario, c’è materia per una mezza rivoluzione.

Il nodo del copyright, ad esempio, evoca un conflitto asperrimo consumatosi con urla e strepiti un
paio di anni fa davanti all’aula di Strasburgo del Parlamento. Dove la pressione degli Over The Top
per bloccare l’approvazione del testo si infranse. Contro una tenace volontà politica supportata da
editori, giornalisti ed operatori culturali. Vittime designate delle abitudini proprietarie di Google o
Facebook.

In tv tutti sono cattivi

Ma non fu affatto una divisione lineare tra buoni e cattivi, perché l’articolato normativo –
ancorché migliorato via via- manteneva qualche retrogusto potenzialmente censorio. Tuttavia, le
comprensibili proteste del popolo della rete furono sussunte e sviate dagli oligarchi della rete
medesima.

All’arrivo in Italia, il Mov 5stelle prima maniera con la voce di Luigi Di Maio promise una dura
opposizione. Il tempo è un grande sculture, però, come scriveva la famosa scrittrice. E del vibrato no
poco è rimasto.

Tant’è che l’intera materia è passata al vaglio di Camera e Senato nel disinteresse generale. Ora, in vista dei decreti attuativi, sarebbe utile riaccendere i riflettori.

Comunque, qualcosa è già avvenuto, se è vero che un negoziato si è aperto con diversi stati, e con
l’approvazione di una legge in Australia. Sanzioni e multe cominciano a fioccare. Speriamo che
l’avventura non si concluda con il divieto di raccogliere articoli nelle rassegne stampa.

Tanto rumore per quasi nulla, si potrebbe dire. Del resto, il regolamento a suo tempo varato con
enfasi e lustrini dalla precedente consiliatura dell’autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Si è
rivelato – al solito- forte con i deboli e debolissimo con i forti.

Le leggi della tv

Veniamo, però, al punto chiave, finora sottaciuto dai e nei commenti.

Nell’articolo 3 della legge di recepimento, che riguarda la direttiva SMAV, si pone esplicitamente il problema del superamento del Testo unico del 31 luglio 2005, n.177 (scrivi Gasparri). Attraverso un nuovo strumento adeguato all’era digitale. In verità, il tema era da ultimo esploso. Dopo la decisione nel settembre 2020 della Corte di giustizia di Lussemburgo di dichiarare illegittimo il punto inerente agli incroci crossmediali.

La partita si sta consumando con la decisione del tribunale di Milano di respingere l’opposizione di
Mediaset alla presenza di Vivendi nel suo ambito societario. Nel frattempo, vi erano stati un
improvvido emendamento favorevole all’azienda berlusconiana e una decisione a tempo del tribunale
amministrativo del Lazio.

Poi c’è stata la pace tra Vivendi e Mediaset. Ma i problemi di fondo rimangono.

Che farà ora l’Agcom, cui era demandata una scelta ormai superata dalla legge di delegazione? Tra
l’altro, nella medesima direttiva si chiedono provvedimenti volti a rendere più stringente proprio il
ruolo dell’autorità.

E si evoca la responsabilità delle piattaforme laddove i contenuti veicolati infrangano legalità e correttezza. A questo punto la via di una revisione del Testo unico è doverosa e obbligata. Insomma, la stagione del duopolio televisivo e delle concentrazioni analogiche deve andare in soffitta. Il governo ha un diritto-dovere in più.

Possibile che sia calato il silenzio su di un passaggio così dirompente per la storia (non solo della tv) italiana? Siamo al tormentone collusivo di sempre? Naturalmente, non sfugge il peso della novella del codice delle comunicazioni elettroniche, che prende atto della definitiva prevalenza digitale.
Il mezzo e il messaggio sono chiari: il quadro è mutato e sarebbe un atto di irresponsabile e patetico
conservatorismo non voler capire.