
La locandina, il consiglio cinematografico di oggi: The Day After Tomorrow, di Roland Emmerich - Blitz Quotidiano
Di recente, l’Organizzazione meteorologica mondiale, con una certezza stimata al 70%, ha previsto che tra il 2025 e il 2029 il riscaldamento globale medio supererà i livelli preindustriali di oltre 1,5 gradi. Il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato e si ipotizza dunque che nei prossimi cinque anni il record potrebbe essere superato. Naturalmente, la previsione sottolinea il rischio di impatti negativi sull’intero pianeta, sugli ecosistemi, sull’economia globale e sulla società. Si prevede, per esempio, che gli inverni artici si riscalderanno 3,5 volte più velocemente della media globale, che la foresta pluviale amazzonica subirà maggiori siccità e che l’Asia meridionale, il Sahel e l’Europa settentrionale vedranno più pioggia.
Questa previsione, tutt’altro che incoraggiante, si inserisce in un quadro tematico attualissimo e ben preciso, troppo spesso, e nella maniera più ridicola possibile, relegato ai confini ideologici e al girotondo politico. Il cinema, quello d’intrattenimento e quello documentaristico, da anni esaminano tematiche di questo tipo, naturalmente in modi differenti: da un lato si ricorre alla drammatizzazione dei fatti, quella classica e coinvolgente spesso collegata a scenari apocalittici; dall’altro, invece, i temi riguardanti le questioni climatiche vengono presentati e sviscerati attraverso l’evidenza scientifica e l’osservazione realistica della Terra e dei suoi costanti cambiamenti. Oggi, sull’argomento, vi consigliamo un film molto discusso ma altrettanto amato, ovvero quel The Day After Tomorrow che, tra qualche strafalcione scientifico e una spettacolarizzazione estrema perfettamente corrispondente allo stile del suo regista, risulta essere uno dei migliori disaster movie degli anni Duemila.
The Day After Tomorrow, di Roland Emmerich
Il paleoclimatologo Jack Hall (Dennis Quaid), mentre si trova in Antartide con alcuni colleghi, assiste in prima persona ai terribili effetti del cambiamento climatico sui ghiacciai. Presenziando alla conferenza delle Nazioni Unite, Jack presenta un prospetto catastrofico riguardo al futuro del pianeta. Stando ai suoi dati, infatti, la Terra sta procedendo velocemente verso una nuova glaciazione. Nonostante i dati e le prove raccolte, i rappresentanti politici si rifiutano di seguire le sue indicazioni per non creare allarmismi ritenuti inutili e soprattutto economicamente “controproducenti”.
Intanto, suo figlio Sam (Jack Gyllenhaal) parte per New York con alcuni suoi amici per competere in un campionato scolastico, proprio mentre iniziano a verificarsi i primi segnali allarmanti del collasso climatico. Collaborando con il collega scozzese Terry Rapson (Ian Holm), Jack non si dà per vinto e decide di presentare al vicepresidente i dati che ha raccolto, quelli che sembrano confermare l’imminente glaciazione. A New York la situazione precipita nel caos e Manhattan viene quasi completamente sommersa d’acqua. Los Angeles, invece, viene distrutta da violenti tornado, e le cose nel resto degli Stati Uniti, e del mondo, sembrano andare anche peggio. Jack, le cui previsioni sono state più volte ignorate, si ritrova a ingaggiare una complicata corsa contro il tempo per salvare suo figlio.
“Tanto spettacolo e un po’ di sana riflessione”
Per chi ha un po’ di dimestichezza con il mondo sempreverde e “sforna blockbuster” dei disaster movie, un genere cinematografico amato e odiato in egual misura, sa bene che esiste un particolare regista che ha legato il proprio nome, così come la sua intera carriera, a questo specifico (e spettacolare) immaginario. Parliamo naturalmente di Roland Emmerich, regista e produttore di alcuni dei più noti film catastrofici del cinema come Independence Day (1996), Godzilla (1998) e 2012 (2009). Con The Day After Tomorrow (2004), però, il regista tedesco è riuscito a dirigere uno dei suoi blockbuster migliori, senza dubbio uno dei più avvincenti e interessanti tra quelli usciti nelle calde estati degli anni Duemila.
A rendere il film degno di nota, quindi capace di sganciarsi dal marasma monocorde dei disaster movie, è quell’equilibrio inatteso tra la spettacolarizzazione estrema degli eventi, inevitabile e centrale in questo genere di film, e la messa a punto di una contestualizzazione tematica, quella relativa all’ambiente e alle contraddizioni politiche ed economiche, curata e perfino approfondita. Purtroppo, in questa minuziosità argomentativa, comunque immediata, non v’è spazio, come spesso accade, per la plausibilità scientifica, piegata eppure quasi mai davvero svilita dalle esigenze narrative.
Quasi come “rispettando” quelle che sono le peculiarità di questo tipo di cinema, anche The Day After Tomorrow, se pur in misura differente, risente di quel tratteggio “minimale” corrispondente a una semplificazione schematica dei protagonisti, del loro carattere e più in generale del loro specifico storytelling. Macchiette? Per fortuna il film non supera mai quel limite caricaturale piuttosto irritante, diabolicamente oltrepassato invece nel sovrastimato Independence Day. Infine, com’è logico aspettarsi, ogni elemento in The Day After Tomorrow riceve la scossa essenziale e trainante di un comparto tecnico davvero sbalorditivo, capace di far apparire obsoleti anche alcuni film più recenti.