Consip: due carabinieri smontano la bufala dei servizi segreti pro Renzi

di Redazione Blitz
Pubblicato il 13 Aprile 2017 - 11:26| Aggiornato il 14 Aprile 2017 OLTRE 6 MESI FA
Consip: due carabinieri smontano la bufala dei servizi segreti pro Renzi

Consip: due carabinieri smontano la bufala dei servizi segreti pro Renzi

ROMA – Consip: due carabinieri smontano la bufala dei servizi segreti pro Renzi. Non c’era solo la frase “ho visto il padre di Renzi” pronunciata da Italo Bocchino ed erroneamente attribuita all’imprenditore Alfredo Romeo dal capitano dei carabinieri Giampaolo Scarfato ora indagato a Roma. Nella vicenda Consip c’è un’altra notizia falsa che il capitano ha presentato come vera ai magistrati nel suo rapporto e cioè che dei non meglio precisati agenti dei servizi segreti controllassero i movimenti dei carabinieri del Noe.

Servizi segreti, si immagina, vicini o solidali con gli interessi dell’ex presidente del Consiglio. Non era vero e due carabinieri, due sottoposti di Scarfato, glielo avevano anche detto come risulta dalla loro deposizione rilasciata ai magistrati romani che vogliono vederci chiaro sugli atti usciti da Napoli (la procura che indaga sui presunti reati nella gestione degli appalti della centrale unica degli acquisti della P.A., Consip appunto).

Il brigadiere Melenzio Locci e il carabiniere scelto Giovanni Biancu avevano davvero notato due personaggi “in abiti civili e atteggiamento sospetto” mentre controllavano sotto la sede dell’impresa di Romeo nella romana Piazza Nicosia la spazzatura dell’imprenditore a scopo investigativo. Peccato, come hanno raccontato al giudice, che i successivi riscontri verificavano che “la persona qualificata come sospetta”, titolare di una jeep, era in realtà un inquilino della scala accanto, un venezuelano residente in Italia che con i servizi nulla c’entra.

Peccato, ancora, che nonostante i due carabinieri avessero relazionato il loro superiore, questi redigeva ugualmente un intero capitolo del rapporto consegnato ai pm di Napoli dedicato alle supposte intrusioni dei servizi segreti. Per questo, e per la frase attribuita a Romeo, la procura di Roma lo indaga per falso.