Monti: “L’articolo 18 non va bene, scusatemi della monotonia”

Pubblicato il 3 Febbraio 2012 - 17:08 OLTRE 6 MESI FA

Mario Monti (Lapresse)

ROMA – Mario Monti torna sulla frase che ha dato scalpore, quella del posto fisso “monotono” e si scusa per la battuta che “estrapolata può può prestarsi a un equivoco” dicendo invece che “se intendiamo per ‘fisso’ un posto che ha una stabilità e tutele, certo è un valore positivo”. Poi però rincara la dose sullo spinoso tema dell’articolo 18 dicendo che questa norma, che tutela i lavoratori dai licenziamenti senza giusta causa, non va bene e “scoraggia gli investimenti italiani e stranieri”.

Intervista da ‘Repubblica’ Monti risponde sulla famosa battuta del “posto fisso monotono”. Il premier precisa: “Una frase come quella, presa fuori dal contesto, può prestarsi a un equivoco. Se intendiamo per ‘fisso’ un posto che ha una stabilità e tutele, certo è un valore positivo. La mia frase serviva a dire che i giovani devono abituarsi all’idea di non avere un posto fisso per tutta la vita, come capitava alla mia generazione o a quelle precedenti, un posto stabile presso un unico datore di lavoro o con la stessa sede per tutta la vita o quasi”. Meglio invece “abituarsi a cambiare spesso luogo o tipo di lavoro e Paese. Questo – sottolinea – non è da guardare con spavento, come una cosa negativa. Gli italiani e i giovani – sottolinea – hanno in genere troppa diffidenza verso la mobilità e il cambiamento”.

Il premier ha quindi iniziato a parlare di lavoro e articolo 18: “Bisogna dare meno tutele a chi oggi ne ha troppe ed è quasi blindato nella sua cittadella, e darne di più a chi è in forme estreme di precariato o è fuori dal mercato del lavoro. Creare lavoro per i giovani è comunque l’obiettivo centrale di tutta la politica economica e sociale del governo, se ci si riesce e ci vorrà del tempo, ma questo non significa che i giovani debbano e possano avere quel lavoro per tutta la loro esistenza, il cambiamento è da guardare positivamente e non negativamente”.

“Più un sistema bancario si modernizza – ha aggiunto – più è capace di valutare il potenziale di reddito di un’azienda, di una famiglia o di un individuo. Più che guardare all’immobile a garanzia o al contratto di lavoro che dia continuità”.

“Per il singolo lavoratore – continua Monti – se dimostra di aver avuto una serie di lavori e avendoli cambiati ha una prospettiva di mobilità, una capacità di reddito e di poter avere lavori, per avere prestiti allora non occorre più che il lavoro sia sempre presso quella azienda”.

Il premier sul tema, caldissimo, dei licenziamenti, resta prudente: “Non so dire se entro la fine di marzo, che è la scadenza che ci siamo dati” per i primi provvedimenti sul mercato del lavoro, “sia essenziale la modifica dell’articolo 18 o no, perchè” la riforma del mercato del lavoro “è un mosaico fatto di tante tessere”.

Per il presidente del Consiglio “ogni tessera del mosaico deve essere considerata”. Poi però arriva l’affondo: per come viene applicato in Italia “sconsiglia investimenti di capitali stranieri ma anche italiani”. E ancora: l’articolo 18 è centrale nella discussione nel senso che è uno dei temi e poichè in passato per alcuni era la punta di una spada offensiva, mentre per altri era il centro dello scudo difensivo, sembrava una contrapposizione tra Oriazi e Curiazi”. Mentre, spiega il professore, “il nostro scopo è di passare dai simboli e miti alla realtà pratica e pragmatica”.

“Sul lavoro – dice Monti – non è che siano esempio da imitare”, perchè “hanno un mercato del lavoro molto flessibile e per questo è più facile trovarlo, ma in molti settori è molto poco tutelato il lavoratore”. Per Monti il “modello” a cui guardare “è più quello dell’Europa del Nord, della mitica Danimarca, ma non è che dobbiamo diventare tutti danesi”. Lì, spiega, c’è “la tutela del singolo lavoratore” e ci sono anche “una serie di ammortizzatori sociali e reti di protezione per lui, non per il posto”. Soprattutto, “c’è la possibilità di riaddestramento professionale”.

“Non mi dispiacerebbe se gli istituti italiani comprassero più Bot, perché ne comprano pochini”. Poi, sempre sulle banche,parla di misure che hanno scontentato parecchio gli istituti di credito. “Il mondo bancario, ed anche quello assicurativo, è stato molto disturbato” dall’esecutivo. E ha ricordato che è stata introdotta una norma “che impedisce a membri di Cda di banche di sedere anche in Cda di altre banche. Così abbiamo dato una scossa alla concorrenza”.

“Perchè l’Italia è ridotta un pò male?” A questa domanda il professore risponde che è perché “per decenni i partiti hanno avuto troppo cuore, hanno profuso troppo buonismo sociale, che ha accumulato anno dopo anno disavanzo e debito pubblico”.

Sul controverso tema dell’Ici alla Chiesa il premier parla di “tema importante, che stiamo approfondendo”. “Credo che si sia esagerato e sbagliato aver utilizzato lo spread come un’arma contundente nei confronti del mio predecessore, Silvio Berlusconi, e credo si esageri a considerarlo, quando scende, segno di buon comportamento del mio governo. Ma è un indicatore rilevante”.