Pensioni ridotte del 15% per donne e precari: chi si ferma è perduto

Pubblicato il 7 Novembre 2012 - 12:17 OLTRE 6 MESI FA
Pensioni la tabella elaborata da Repubblica, fonte Progetica

ROMA – Pensioni: per gli attuali lavoratori a singhiozzo, per le donne e in generale per le fasce più deboli, la precarietà è un “fattore critico” tale da pregiudicare la possibilità di pensioni adeguate e dignitose. L’allarme della Corte dei Conti fa un po’ di luce su quelle verità nascoste dietro la doppia riforma lavoro/pensioni: in media, per i precari e le donne la pensione sarà ridotta del 15%. Le simulazioni della società di consulenza (tabella in alto) Progetica (pubblicate anche da La Repubblica del 7 novembre) rappresentano con più chiarezza le fosche previsioni della Corte dei Conti. In pratica, se un giovane lavoratore ha tre stop lavorativi da un anno l’uno nel primo decennio lavorativo (5 anni per la maternità di una donna) la decurtazione sull’assegno pensionistico sarà davvero pesante. L’unica strada per avere una pensione decente è di allungare di molto la vita lavorativa.

La Corte dei Conti: “Le crescenti forme di precarietà nei posti e nelle retribuzioni”, dicono i magistrati, non solo peseranno negativamente sulle pensioni future, cioè sulle prestazioni e la consistenza degli assegni, ma anche “sulla sostenibilità sociale dell’intero sistema”. Perché, è chiaro, se diminuisce la platea di contribuenti o pesa meno, questo incide sul sistema pensionistico che si finanzia con i contributi dei lavoratori.

Ognuno dovrebbe iniziare a fare qualche calcolo per capire quanto prenderà di pensione, meglio farlo subito anche perché il risultato potrebbe essere scoraggiante. Almeno potrà iniziare a trovare qualche rimedio e qualche forma di previdenza integrativa. L’invito della Corte dei Conti è, trasferito sul piano collettivo e di indirizzo politico, praticamente lo stesso. Occorre “monitorare assiduamente l’impatto delle due riforme, lavoro e pensioni”, e “sottoporre a riesame” il sistema di previdenza complementare.

Attualmente poco meno 6 milioni di lavoratori, praticamente poco più di un quarto del totale, vi ricorrono. Domani, aver scelto un fondo pensione integrativo farà la differenza. Oggi è necessario arginare la deriva della “estrema polverizzazione dei fondi. In linea con i paesi del nord Europa il tasso di sostituzione si attesta tra il 55% e il 60%. Per spiegarci: con il metodo retributivo dei vecchi tempi si andava in pensione con un assegno che valeva l’80% dell’ultimo stipendio.

Per tenersi informati bisogna drizzare le antenne. L’Inps a partire da gennaio appronterà un’area dedicata sul suo sito. Bisognerà prima munirsi di un Pin individuale per poi informare l’ente su quanti anni si pensa ancora di lavorare, con quale busta paga: riceveremo una stima pertinente dell’assegno che ci spetterà. Oggi è già possibile verificare online l’estratto conto previdenziale  per sapere quanti contributi abbiamo versato.