Pietro Ingrao e i ricordi: dai littorali all’antifascismo, al “conformismo” del Pci

Pubblicato il 21 Marzo 2011 - 15:49 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Ricorda gli anni in cui aderì all’antifascismo, ai tempi della Guerra di Spagna. Ricorda poi l’adesione al Pci, i compagni, quel certo “conformismo” di partito. E poi gli “errori”: da quell’editoriale sulla rivolta d’Ungheria nel 1956 alla “defenestrazione” dal partito del gruppo del “Manifesto”. Intervista a tutto campo sul ‘Corriere della Sera’ a uno dei leader storici del Pci, Pietro Ingrao.

L’antifascismo. Il passaggio all’antifascismo per Ingrao arriva nel 1936, al tempo della Guerra di Spagna.Partecipai con una poesia francamente brutta sulla bonifica delle Paludi pontine – racconta – scritta con sincerità apologetica, e Dio me lo perdoni. Sembrerà curiosa questa combinazione, ma ai Littoriali di Firenze incontrai l’antifascismo. Non racconto frottole! Gli amici con cui avrei fatto la cospirazione e la battaglia antifascista erano tutti lì. Fu una svolta. Mi precipitai al caffè delle Giubbe Rosse, dove conobbi, tra gli altri, Montale e Bertolucci”.

Il 17 luglio 1936 è un giorno chiave: esplode la rivolta franchista. “Antonio Amendola cominciò a farmi ragionare sulla lotta antifascista, non tornai più al Centro sperimentale e il mio amore per il cinema restò in ombra – continua Ingrao – Da allora, la lotta di classe diventò il punto centrale nella mia vita, il primo dovere, la prima speranza: la lotta per cacciare i padroni. Un dovere che condividemmo, oltre che con Amendola, con Bruno Sanguinetti, Paolo Bufalini, Aldo Natoli, Antonello Trombadori e altri. Quel 17 luglio fu il punto di rottura. Dissi no, non ci sto”.

Gli errori. Ingrao parla anche di errori fatti. Il più grave, da direttore dell’Unità: “Nel ’56 scrissi un editoriale contro la rivolta ungherese. Poco dopo capii che avevo sbagliato e che invece bisognava lavorare contro gli errori dei sovietici: tutti i miei rapporti con i sovietici hanno vissuto momenti di ambiguità”. Un altro errore, racconta Ingrao, è stata la radiazione dal Pci del gruppo del manifesto (“Bisognava affrontare la differenza, guardarla in faccia”) e la più recente adesione al partito di Bertinotti.

I ricordi del partito e il conformismo del Pci. Ingrao poi parla dei suoi compagni di partito. Togliatti: “Intervenne qualche volta nel lavoro al giornale, anche sbagliando. In tutta la vicenda Vittorini, mostrò di non capire”. Berlinguer: “Ne ho un ricordo affettuoso, cordiale, però appartiene a un’altra generazione”. I dissensi con Pajetta: “Era molto vivace, ma anche fazioso e cattivo. Quando nella segreteria prendevo la parola, entrava in agitazione, si alzava e ritornava per potere materialmente scocciarmi. Bisognava avere l’abilità di lasciarlo sfogare”.

E infine di quel “conformismo” nel partito che incideva anche sulla vita privata. “C’era una specie di conformismo. Togliatti presto ha rotto con sua moglie e ha trovato un amore con Nilde Iotti, che era una giovinetta. Beh, questa cosa qui il partito l’ha digerita molto male, perché bisognava rispettare le regole del buon costume. Anche alla Iotti la vicenda costò molte noie”.