Trump su due fronti: Ucraina e Nigeria. La fatica di Sisifo del Tycoon: convincere Putin e sfidare l’Isis (Fonte Ansa) - Blitz Quotidiano
Trump, fine anno su due fronti: Ucraina e Nigeria. Due sfide cruciali: convincere lo zar a una tregua e l’Isis a piantarla con la “caccia ai cristiani”. Due fatiche di Sisifo, due imprese estenuanti e, al momento, senza un fine preciso. Insomma, un grande sforzo per un obiettivo che sembra (quasi) irraggiungibile. Per ora, almeno. Si profila un ciclo di speranze e delusioni. E come il mito di Sisifo ogni volta che si avvicina alla meta è costretto a ricominciare. Ma il tycoon non molla. Così pare.
Lo scoglio Putin, moderno autocrate
La fine del conflitto in Ucraina dipende dallo zar, imbufalito per la pioggia di droni sulla sua residenza. Già partite le minacce di ritorsione. Gelo sull’accordo di pace. Trump irritato (“Così non va bene”). Ergo, i negoziati sono tornati in bilico, anche se Kiev ha smentito (“Solo bugie, i russi vogliono la guerra”).
Lo zar è un moderno autocrate, dunque impermeabile alle critiche per le quali non prova alcun imbarazzo. Come i leader del Myanmar e dello Zimbabwe, “non sembra interessato ad altro che all’arricchimento personale e al mantenimento del potere”, come scrive nel suo ultimo saggio il Premio Pulitzer Anne Applebaum (“Autocrazie”, Mondadori Retail, 2024). Un tempo i leader della Unione Sovietica, la più potente autocrazia della seconda metà del XX secolo, prendevano molto a cuore il modo in cui erano visti in tutto il mondo. Sostenevano con vigore la superiorità del proprio sistema politico. Si ricorderà che nel 1960, in una famosa seduta dell’assemblea generale delle Nazioni Unite, Nikita Chruscev sbatté la scarpa sul tavolo perché un delegato filippino aveva affermato che l’Europa dell’Est era stata “privata dei diritti civili e politici e inghiottita dall’Unione Sovietica”. Nikita ha replicato come sappiamo.
Oggi invece è tutt’altra cosa. Oggi gli eredi, i successori e gli emuli di questi leader e pensatori hanno in realtà un nemico comune, cioè il mondo democratico, la Nato, l’Unione Europea. Hanno disprezzo per il linguaggio dei diritti umani, il loro scherno per il diritto internazionale e per i trattati che essi stessi hanno firmato. Di qui la prospettiva delicata per Trump.

La sfida all’Isis in Africa
È il caso della Nigeria, il Paese più popoloso e con l’economia più forte dell’Africa (dal petrolio all’oro). Qui regnano gli islamisti di Boko Haram – una autentica minaccia per l’umanità – che hanno preso di mira i cristiani innocenti. Trump, a Natale, ha dato ordine di fare un blitz aereo “letale” a caccia dell’Isis – i terroristi eredi di Al Qaeda – con un attacco a sorpresa. Attacco approvato dal governo nigeriano. Trump ha detto: “Abbiamo colpito la feccia del terrore”. Il Paese africano vuole la tutela USA e in cambio concederebbe l’utilizzo delle miniere. La situazione resta caotica e Trump è intenzionato a non privarsi del robusto consenso interno che gli assicura la componente evangelica del suo elettorato. Perciò va avanti. In Nigeria è in corso da anni una insurrezione che ha causato migliaia di vittime sia fra i cristiani che tra i mussulmani.
