Eco-mostro Punta Perotti, il gup di Bari revoca la confisca dei suoli. Il sindaco Emiliano: “Mai più costruzioni, fiero della demolizione”

Pubblicato il 15 Novembre 2010 - 10:05 OLTRE 6 MESI FA

Il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Bari Antonio Lovecchio ha revocato la confisca dei suoli su cui sorgeva l’ecomostro Punta Perotti, e ha disposto la restituzione dei terreni alle imprese costruttrici che subirono la confisca al termine del processo per lottizzazione abusiva dei suoli.

La decisione è stata depositata poco fa al termine dell’incidente di esecuzione proposta dall’Avvocatura dello Stato per conto della presidenza del consiglio dei ministri.

Le tre società costruttrici sono Sudfondi, Mabar e Iema riconducibili alle famiglie Matarrese, Andidero e Quistelli. Lo stesso ufficio del Tribunale aveva respinto l’anno scorso (il 26 ottobre 2009) la richiesta ma la Cassazione ha successivamente annullato, con rinvio, la decisione per difetto di contraddittorio in quanto il giudice aveva omesso di citare nel procedimento il Comune di Bari e le tre imprese alle quali i beni avrebbero dovuto essere restituiti.

EMILIANO il sindaco di Bari, Michele Emiliano, propone un accordo di programma tra lo stato e i soggetti proprietari dei terreni su cui sorgeva il complesso di Punta Perotti, poi confiscati, per mettere la parola fine alla vicenda. ”Quello che è certo – assicura – è che non possiamo consentire che sull’area del parco di Punta Perotti si possa ancora edificare”. ”Siamo disponibili – spiega il sindaco – a trovare un accordo per spostare quei valori edificabili in un’altra area. Se l’accordo non dovesse essere trovato l’amministrazione comunale varera’ una variante al piano regolatore di inedificabilita’ di quell’area. Per noi l’area Punta Perotti è il simbolo della rinascita e non può essere cancellata da norme contraddittorie e da sentenze che vanno contro il comune sentimento delle persone”. ”Della demolizione del complesso di Punta Perotti continuo ad essere orgoglioso, lo rifarei 100 volte”.

I PRECEDENTI La richiesta di restituzione dei terreni nasce da una decisione del 20 gennaio 2009 della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) che ha ritenuto la confisca dei suoli (disposta al termine di un procedimento per lottizzazione abusiva) una sanzione arbitraria perché  gli imputati sono stati assolti dalle accuse contestate loro per ‘difetto dell’elemento psicologico’ del reato. E’ invece passata in giudicato la sentenza che aveva dichiarato abusiva la lottizzazione. Lovecchio ha ereditato il fascicolo dal collega Giuseppe De Benedictis. Solo il Comune di Bari si era opposto alla revoca della confisca, mentre Procura della Repubblica e i tre costruttori si erano detti favorevoli alla restituzione.

Il complesso di Punta Perotti – tre saracinesche di 13 piani ciascuna sul lungomare sud di Bari, che chiudevano orizzonte e vista – fu abbattuto in due fasi (2 e 24 aprile 2006) dopo una battaglia giudiziaria durata diversi anni. Trecentomila metri cubi di cemento furono distrutti davanti a decine di migliaia di persone; tanti altri videro le immagini in diretta tv.

Il progetto per la realizzazione degli ecomostri – costruiti dalle imprese Matarrese, Andidero e Quistelli – nacque negli anni Ottanta con tutte le carte in regola: concessioni edilizie e autorizzazioni di Comune e Regione. Che Punta Perotti non fosse abusivo lo stabili’ anche la Cassazione nell’ottobre ’97, quando restituì ai proprietari gli immobili che erano stati sequestrati. La magistratura barese, due anni dopo, assolse otto persone tra costruttori e progettisti, sancendo che tutte le carte erano in regola, ma dispose la confisca del complesso per varie violazioni ambientali. Tale provvedimento, confermato dalla Cassazione nel 2001, insieme con l’assoluzione degli otto imputati per aver agito in buona fede, fu alla base delle procedure per l’abbattimento.

Il 20 gennaio 2009 la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) ha ritenuto la confisca dei suoli una sanzione arbitraria e condannò  l’Italia per violazione dell’art.7 della Convenzione dei diritti, ritenendo che la confisca illegale costituisse un’ingerenza nel legittimo diritto dei ricorrenti di beneficiare delle loro proprieta’. Oltre a riconoscere alle imprese un indennizzo di 40 mila euro ciascuna, la Corte di Strasburgo si riservò di quantificare il danno materiale da risarcire e invito’ il governo italiano a cercare un accordo con i costruttori entro sei mesi.