Amanda Knox dice la sua verità su perché indicò Patrick Lumumba come assassino di Meredith Kercher

Pubblicato il 13 Giugno 2009 - 12:20| Aggiornato il 14 Giugno 2009 OLTRE 6 MESI FA

“Loro volevano un nome e dicevano che io sapevo ma non volevo parlare. Non mi hanno detto che era stato lui (Patrick Lumumba ndr) ma dicevano che sapevano che lo avevo incontrato. Continuavano a ripetermi che, o non volevo parlare perche’ ero una stupida bugiarda, o perche’ non ricordavo.Quindi ho fatto il nome di Patrick, ho iniziato a piangere e a immaginare un tipo di scena, con immagini che non concordavano ma che forse avrebbero potuto spiegare la situazione: immaginai la faccia di Patrick, Piazza Grimana, la mia casa, una cosa verde che loro mi hanno detto poteva essere il divano. Allora loro hanno cominciato a ricostruire”.

Amanda Knox torna a ricostruire ancora una volta in aula la notte tra il cinque e il sei novembre 2007, la stessa in cui venne interrogata dai poliziotti in questura e indico’ Patrick Lumumba come l’autore dell’omicidio di Meredith Kercher. E’ una Amanda che appare un po’ piu’ nervosa rispetto a ieri quella che sta rispondendo oggi alle domande del pubblico ministero Giuliano Mignini che ha chiesto alla studentessa di Seattle di ricostruire passo dopo passo le fasi dell’interrogatorio in questura, da chi e come le sarebbe stato suggerito il nome di Patrick e chi le avrebbe fatto pressioni o picchiata.

Amanda ha ricordato che il nome di Patrick venne fuori una volta trovato sul telefono cellulare della ragazza l’sms inviato all’allora datore di lavoro. “Mi chiedevano di ricordare gli orari di quello che avevo fatto la sera del primo novembre – ha ricordato Amanda -. Poi c’e’ stato un crescendo del dibattimento. Mi dicevano che non erano convinti di me perche’ riuscivo a ricordare alcune cose e non altre”.

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