Casse e previdenza. SIddi (Fnsi): “Pregiudicate le generazioni future”

a cura di Sergio Carli
Pubblicato il 18 Ottobre 2014 - 16:29 OLTRE 6 MESI FA

 

Casse e previdenza. SIddi (Fnsi): "Pregiudicate le generazioni future"

Franco Siddi. Con la stretta fiscale sulle Casse previdenziali il Governo compromette intere generazioni future

ROMA – Il piano del Governo di Matteo Renzi di aumentare il prelievo fiscale a carico delle casse previdenziali ha provocato critiche anche aspre, commenti anche critici e poco consenso.
Dura la reazione da parte di Franco Siddi, segretario della Federazione nazionale della Stampa, Fnsi, il sindacato dei giornalisti:

“In attesa di conoscere nel dettaglio i contenuti della nuova legge di stabilità, non possiamo non esprimere perplessità e grande preoccupazione in merito ai ventilati provvedimenti di innalzamento del prelievo fiscale sulle casse di previdenza private – specie quelle come l’Inpgi che garantisce previdenza obbligatoria ed è sostitutivo dell’Inps – e sui fondi di pensione complementare e alla prospettiva di sottrarre  il trattamento di fine rapporto ai suoi fini istituzionali.

La necessità di individuare risorse immediate che possano alimentare il consumo e consentire in questo modo al Paese di uscire dalla recessione e di riprendere una prospettiva di sviluppo non può indurre a compiere  scelte frettolose, che a fronte di discutibili benefici momentanei rischiano di pregiudicare il futuro di intere generazioni.

Le casse di previdenza private, e tra queste l’Inpgi, che assicura, appunto, le prestazioni di primo pilastro ai giornalisti italiani, vivono senza contributi dello Stato e contribuiscono al sostegno del welfare con centinaia di milioni di euro all’anno, come ha sottolineato lo stesso presidente dell’Adepp, Andrea Camporese, che lo Stato risparmia.

Elevare su queste casse il prelievo fiscale dal 20 al 26% significherebbe alterarne considerevolmente i rispettivi bilanci con la conseguenza di forti penalizzazioni per tutti i loro iscritti, compresi coloro che già godono di prestazioni previdenziali.

Elevare il prelievo fiscale sui rendimenti dei fondi di pensione complementare dall’11,5% al 20% significa non solo mortificare questo settore di importanza strategica ma, soprattutto se legato all’ipotesi di sottrazione del Tfr, condannarlo ad una inesorabile estinzione.

Non bisogna dimenticare che, proprio in considerazione della insostenibilità dei regimi previdenziali a garantire nel tempo prestazioni adeguate, da tempo il nostro ordinamento ha previsto l’opportunità di affiancare al regime pensionistico obbligatorio un sistema pensionistico complementare, alimentato oltre che dalla contribuzione del lavoratore e dal datore di lavoro, anche dal Tfr annualmente maturato, oltre che l’obbligo per i fondi complementari di investire sul mercato dei titoli.

È di tutta evidenza che se si sottrae al sistema di previdenza complementare il Tfr, o anche parte di esso, e si innalza in maniera così drastica il prelievo fiscale sugli utili degli investimenti si produrrà una inevitabile disaffezione da parte dei lavoratori nei suoi confronti. Si rischia, pur di ottenere un ipotetico vantaggio immediato, di prospettare per le nuove generazioni e per coloro che si affacciano al mondo del lavoro un futuro privo di una sufficiente assistenza previdenziale, con conseguenze sociali di facile previsione. Comprendiamo le esigenze del Governo ma, chiediamo che lo stesso esecutivo  e il legislatore, prima delle definitive decisioni, riflettano con attenzione sui danni che queste possono comportare in prospettiva, si aprano al confronto è alla verifica e modifichino quanto appare assolutamente equo è giusto cambiare.”

 
Andrea Camporese, presidente dell’Inpgi, la cassa di previdenza dei giornalisti e dell’Adepp, l’associazione degli enti di previdenza dei professionisti, ha detto:

“Se  fosse confermato l’aumento del prelievo fiscale per le Casse di previdenza (dal 20% al 26%) e per il secondo pilastro (dall’11,5% al 20%) nella legge di Stabilità, si tratterebbe di una gravissima decisione dalle conseguenze pesanti per l’intero sistema della previdenza privata. Lo afferma Andrea Camporese, presidente dell’Adepp, il quale critica duramente la decisione che definisce ”sconcertante”, e che potrebbe a questo punto far rivedere la manifestata intenzione degli enti dei professionisti di impegnare i risparmi in un fondo investimenti nell’economia reale del Paese.
”Condannare due milioni di professionisti, le loro famiglie e centinaia di migliaia di dipendenti degli studi professionali a un futuro di prestazioni ridotte, mentre i versamenti previdenziali all’Inps risultano non tassati, semplicemente per avere un maggior gettito nell’immediato, significa – dice ancora il Presidente dell’Associazione che riunisce le casse previdenziali private e privatizzate – andare in totale controtendenza rispetto alla linea seguita dagli altri Paesi della Ue, alle indicazioni Ocse e alle risoluzioni della Commissione europea”.

”Lo scandalo della doppia tassazione – aggiunge ancora Camporese ”sorpreso e sconcertato” per l’ipotesi che trapela dalla manovra – diventerebbe una palese, grave, insanabile ingiustizia nei confronti di chi produce il 15% del Pil”. Di fronte al futuro di un intero comparto,”non sarebbero accettabili ragioni emergenziali” puntualizza Camporese ricordando che si tratta di un comparto ”che non ha mai ricevuto un euro dalla Stato e spende oltre 500 milioni di euro l’anno di welfare sottraendo tali costi alle casse pubbliche”. ”Sarà il governo a spiegare a centinaia di migliaia di giovani professionisti che guadagnano meno di 1000 euro al mese, le motivazioni di questa scelta. Resterebbe l’amarezza profonda rispetto alla conseguenze proprio nel momento in cui si discute l’ipotesi importante di un fondo a favore dell’economia reale del Paese” prosegue il presidente Adepp con un riferimento alla volontà manifestata dalle Casse di impegnare parte del proprio monte-risparmi in un fondo da 3-5 miliardi per investimenti in Pmi, infrastrutture, green economy e altri comparti strategici. Una disponibilità collegata tuttavia – hanno più volte sottolineato i presidenti degli istituti – a un fisco più favorevole al risparmio previdenziale, in linea con altri Paesi Ue. Le indiscrezioni circa la scelta del governo invece, potrebbe rimettere ora tutto in discussione. ”Lo sconcerto lascerà spazio a iniziative concrete – conclude Camporese – da assumere dopo il confronto con gli altri Presidenti”. 

Sul Messaggero di Roma, Umberto Mancini, avverte:

“La stretta fiscale sui Fondi pensione – messa nero su bianco nella legge di Stabilità – rischia di dare un colpo mortale al risparmio previdenziale. Squilibrando ancora di più un sistema già in una situazione a dir poco precaria. L’incremento dall’11,50 al 20 per cento della tassazione – spiega Michele Tronconi, presidente di Assofondipensione – è un chiaro segnale di sfiducia verso la previdenza complementare, fondamentale per integrare le pensioni pubbliche che, in prospettiva, saranno sempre più magre». Del resto è noto che la spinta verso i Fondi pensione, proprio con l’incentivazione fiscale, aveva uno scopo preciso: orientare risorse private per dare equilibrio ai trattamenti pensionistici futuri. «Non è un mistero – aggiunge Simone Bini Smaghi, vice direttore generale di Arca sgr e tra i massimi esperti del settore – che penalizzando i Fondi non si aiutano i giovani a costruirsi un paracadute pensionistico, visto che le stime per gli assegni dei prossimi anni, diciamo per la generazione dopo i baby boomers, indicano una riduzione di almeno il 40-50% rispetto a chi lascia oggi». Un tema centrale ma che non è ancora sotto i riflettori.

E in effetti il problema è tutto qui. «Il nodo vero – sottolinea Tronconi – riguarda la tenuta complessiva del sistema pubblico e la sua capacità di rispondere alle esigenze di chi esce dal mondo produttivo. O si dice esplicitamente che non ci saranno problemi in prospettiva oppure si spiega che dopo 20 anni di dibattiti per spingere e invogliare i giovani ad essere previdenti, adesso invece li si punisce». Ma penalizzare la pensione fai da te – continua – è un errore gravissimo di visione perchè solo uno strumento di questo tipo può salvaguardare il tenore di vita futuro.
A giudizio di Tronconi e Bini Smaghi il governo, varando la manovra, ha in fondo contraddetto una linea d’azione ben precisa, tradendo una promessa fatto ai tempi dell’esecutivo Amato. Non solo. I Fondi previdenziali, penalizzati fiscalmente, si guarderanno bene da indirizzare risorse per favorire la crescita, incanalando il risparmio previdenziale verso infrastrutture e investimenti di medio lungo periodo.
In effetti, prima del varo della legge di stabilità, il governo, anzi il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, aveva avuto tutta una serie d’incontri per sollecitare il sistema-previdenza a investire in infrastrutture nel paese. Ora – – dice Tronconi con amarezza – quel piano diventa inattuabile, a meno che in sede parlamentare la manovra venga corretta in corsa. I fondi, così come le Casse previdenziali, erano pronti a fare la propria parte, a destinare cioè ingenti risorse in investimenti per colmare il gap infrastrutturale del Paese».

Fondi e Casse, infatti, avevano ricevuto garanzie su un fisco «clemente». Invece, come noto, c’è stata la doccia gelata. «Abbiamo dato la nostra massima disponibilità a investire nel fondo, aveva infatti ribadito proprio l’altro ieri Renzo Guffanti, presidente di Cassa dottori commercialisti, davanti alla Commissione di vigilanza sugli enti, «sempre se saranno rispettati gli impegni assunti in merito all’autonomia, alla fiscalità e alla governance». Impegni che, a questo punto, sono stati ampiamente disattesi.

Ma cosa rischia il comparto con il nuovo salasso fiscale? Difficile fare previsioni, di certo però per gli oltre 10 milioni di lavoratori interessati alla previdenza integrativa, costruirsi un alternativa alla pensione Inps sarà più difficile e oneroso. Così come è evidente che tutto il settore dei Fondi (in pancia hanno circa 100 miliardi) non riuscirà a recuperare terreno rispetto agli analoghi strumenti finanziari che operano all’estero e dove contribuiscono all’incremento dell’economia reale”.