Fini vs Berlusconi: Ma quale malinteso. È un muro contro muro di incomprensione lessicale, culturale e istituzionale
Nessuna incomprensione ma un vero e proprio «un muro di incomprensione: lessicale, culturale, istituzionale». Questa la tesi del notista politico Massimo Franco sul Corriere della Sera a proposito del conflitto tra il presidente della Camera Gianfranco Fini e il premier Silvio Berlusconi.
Scrive Franco: «Lo sfogo che ieri il presidente della Camera ha fatto davanti alla platea della scuola di formazione del Pdl, a Gubbio, è stato impietoso, viscerale, esasperato: quasi volesse azzerare la tesi minimalista del «malinteso», accreditata il giorno prima dal premier. Eppure, probabilmente ad irritare gli alleati non sono state le critiche sull’immigrazione, i rapporti con la Lega, il biotestamento. A bruciare è stato il tono generale».
Fini, secondo il giornalista, mal digerisce un ruolo di subalternità ed estraneità al progetto politico del Pdl: «La denuncia dell’«indegno stillicidio » al quale Fini si sente sottoposto dall’interno del Pdl, evoca un’incomunicabilità con Palazzo Chigi che sfiora la patologia. E la reazione dei berlusconiani la riflette. Non si avverte soltanto irritazione: si indovina uno stupore risentito nei confronti del presidente della Camera. Riaffiora, irrisolto, il contrasto su quello che dovrebbe essere il Popolo della libertà. Per il Cavaliere, una forza libera e insieme caotica, modellata sulla sua leadership ; per Fini, «un partito e non un organigramma ». Ma proprio per questo, il suo appello ad un «cambio di marcia» del Pdl suona irricevibile. E non perché Berlusconi non sia pronto a tacitare l’ex leader di An con qualche concessione. Il problema è che fra i due si è cementato un impasto di malintesi e diffidenza. La sensazione è che Fini si senta sempre più subalterno e quasi estraneo ad un progetto e ad una logica non suoi; e investito di un ruolo istituzionale che lui interpreta agli antipodi rispetto agli alleati. Per questo i suoi scarti ostentati e rivendicati quasi come un dovere vengono registrati con sconcerto; e avvertiti come bordate che alla lunga potrebbero destabilizzare la maggioranza, per quanto solida come quella di centrodestra»[…].