Teramo, i familiari di Antonio De Meo al Corriere: “Quei rom lo hanno ucciso a calci e pugni, non li perdoneremo”

Pubblicato il 24 Agosto 2009 - 14:21 OLTRE 6 MESI FA

antonio-de-meo«Noi non potremmo mai perdonare tre minorenni che hanno stroncato la vita di Antonio a soli 23 anni. Lui aveva un’intera vita davanti, piena di sogni e speranze». Sono dure e piene di dolore le parole dei familiari di Antonio De Meo, il ragazzo ucciso a Teramo dalla furia di un gruppo di ragazzi rom il 10 agosto scorso.

In una lettera al “Corriere della Sera”, i genitori, la sorella e il fratello vogliono ricordarlo, rievocando il suo affetto, le sue attenzioni nonostante studiasse lontano da casa: «Legatissimo a tutti noi, nonostante abitasse a Bologna dove frequentava l’Università, si preoccupava sempre della mamma e del papà a cui faceva mille raccomandazioni al telefono. Per le sue nipotine stravedeva; giocava con loro, uscivano insieme; sempre buono e disponibile ad aiutarle, ma anche a rimproverarle al momento giusto».

A 23 anni la vita di Antonio è stata spezzata dai calci e dai pugni di una gang di piccoli delinquenti, tutto per una bicicletta. Alla fine del suo turno di lavoro all’hotel Maxim’s si era accorto che la sua bici non c’era più, gli era stata rubata: aveva già dei sospetti su quel gruppo di ragazzi che si riuniva davanti a un chiosco poco lontano da dove l’aveva lasciata.

In quella tragica notte Antonio è stato bersaglio di un pestaggio a sangue, un macabro tranello tesogli da tre ragazzini, tutti minorenni, tutti rom. La sua vita è stata spezzata così, dopo un panino e un’aranciata e quel ragazzo «esemplare, dolcissimo, sorridente, sempre pronto ad aiutare persone in difficoltà» che «amava tantissimo la natura e tutto ciò che la riguardava» ora non c’è più. Per non dimenticarlo i suoi cari scrivono al Corriere e lo salutano, insimeme ai suoi «molti progetti per la vita; progetti che ora sono morti con lui».