Vaticano/ le lettere di Wanda a Giovanni Paolo II ostacolo alla beatificazione. La chiesa: “solo la verità, senza rimuovere nulla”

Emiliano Condò
Pubblicato il 1 Giugno 2009 - 12:56 OLTRE 6 MESI FA

Le lettere di Karol Wojtyla a Wanda Poltawska devono essere consegnate in Vaticano. Integralmente. Perché, secondo il cardinale Josè Saraiva Martins, prefetto emerito della congregazione dei Santi, quello che interessa alla Chiesa è «soltanto la verità, senza nascondere né rimuovere nulla».

Così, la causa di santificazione dell’ex pontefice incontra un ostacolo imprevisto. Il motivo? Oltre mezzo secolo di fittissima corrispondenza epistolare con una donna laica, Wanda, con cui Giovanni Paolo II parlava di tutto. A generare disagio nelle alte sfere vaticane, in realtà, è soprattutto il tono confidenziale del carteggio. L’ex pontefice, ad esempio si rivolgeva a Wanda con l’appellativo di “dusia” (sorella) e lei rispondeva chiamandolo fratello.

Wanda, psichiatra infantile e autore di studi importanti sui bambini usciti dai lager ha incontrato Wojtyla nel 1950, in un confessionale. Una “folgorazione spirituale” la sua: «Dal primo istante che l’ho visto sapevo che sarebbe diventato santo. Irradiava luce interiore, era impossibile da nascondere». La storia personale della donna poi, sembra disegnata ad arte per colpire la personalità di un religioso; un’infanzia da prigioniera nei lager in cui venne anche sottoposta a non meglio precisati esperimenti medici e una guarigione “miracolosa” dal cancro nel 1962. Wanda, ammalata, si rivolge a Wojtyla allora vescovo di Cracovia che invoca Padre Pio, e la donna guarisce improvvisamente. Ed è ancora Wanda la prima persona che Wojtyla chiama non appena viene eletto papa. Non solo: quando Mehmet Alì Agca spara a Giovanni Paolo II, al capezzale del pontefice ferito c’è ancora lei, Wanda.

Curioso,  ad ogni modo, che, mentre il pontefice ha chiesto nel testamento che tutta la sua corrispondenza privata fosse distrutta, la psichiatra, invece, candidamente dichiara di aver tante sue lettere da «riempire una valigia».

E adesso, mentre dal Vaticano insistono sulla necessità di «conoscere ogni carta», fa sempre più discutere la vicenda di questa donna che trascorreva le sue vacanze estive a Castel Gandolfo e spesso, assisteva  in pantofole alle messe mattutine nella cappella privata dell’appartamento papale.

*Scuola superiore Giornalismo Luiss