Afghanistan, Vittorio Zucconi: “Come in Vietnam una ritirata travestita da vittoria”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 19 Giugno 2013 - 13:10 OLTRE 6 MESI FA

Afghanistan, Vittorio Zucconi: "Come in Vietnam una ritirata travestita da vittoria"ROMA – La fine ingloriosa della avventura occidentale in Afghanistan è sottolineata con spietato realismo da Vittorio Zucconi, su Repubblica. Il paragone tra questa umiliante ritirata americana e quella di 40 anni fa dal Vietnam viene spontanea a Vittorio Zucconi, che iniziò a fare il giornalista proprio ai tempi della guerra in Vietnam e vede oggi dipanarsi sotto i suoi occhi un’altra disfatta degli Usa, il Paese dove ha passato il maggior numero di anni della sua vita.

In una

“ritirata travestita da vittoria” e “dopo 2.400 morti americani” 

cui sono da aggiungerne altri mille fra gli alleati europei incluse le decine di morti italiani, esattamente 53 arriva l’annuncio che “il governo americano siederà al tavolo del negoziato con la setta dei jihadisti più inflessibili dai quali avrebbe voluto disinfestare l’Afghanistan e il mondo”.

Secondo Vittorio Zucconi,

“riconoscere dignità di interlocutore a quel famigerato Mullah Omar, il leader dei Taliban, che venne deriso e dato per morto dozzine di volte, dice semplicemente che dell’Afghanistan gli Usa vogliono lavarsi le mani. Dopo avere capito, come da più di due millenni, da Alessandro il Macedone a George Bush il Texano hanno dovuto ammettere, che nessuna potenza straniera ha mai controllato e può controllare quella terra e quelle genti”.

“La fiction della «democrazia esportata» con la forza, del governo di un funzionario come Hamid Karzai che non controllava nulla e persino gli americani irridevano come «il sindaco di Kabul», della afghanizzazione della guerra, tutto riproduce in maniera abbagliante la ingloriosa fine dell’avventura nel Sud Est asiatico”.

“Anche allora la exit strategy concepita con il suo leggendario cinismo da Henry Kissinger, fu un exit e basta, un’uscita che soltanto il periodo di attesa concesso da Hanoi sembrò rendere meno umiliante. Agli Stati Uniti sarà almeno risparmiata la vergognosa fuga dell’Armata Rossa richiamata da Gorbaciov in rotta attraverso il passo di Kyber”.
Anche quelle registrate negli ultimi dieci anni sono da considerarsi, come per quasi tutte le guerre, morti inutili, un sacrificio di sangue sull’altare del fanatismo, in questo caso quello degli ideologhi dell’ultradestra che aveva in George Bush il suo fantoccio.
Vittorio Zucconi ricorda tre fatti assai poco noti:
1. “E’ stato dimenticato, nel furore e nel terrore del dopo 11 settembre, che tra il governo degli integralisti di Kabul e gli interessi petroliferi e strategici americani era in corso già un flirt semi-segreto, che culminò nella visita di una delegazione afgana negli Usa.  La tragedia dell’aggressione di Al Qaeda a New York e a Washington e il rifiuto del governo di consegnare Osama Bin Laden e di espellere i campi di addestramento precipitarono l’invasione”.

2. Il ministero della Difesa e la Forze Armate americane “non sostennero mai l’invasione. La liberazione dell’Afghanistan e il rovesciamento del regime furono affidate alla Cia, alle forze speciali e all’aviazione americana che martellò il cosiddetto esercito afgano permettendo la facile avanzata dei capi clan dai monti sulla capitale”.

3. “Il pallino è oggi dove in realtà è sempre stato. Nelle mani dei Servizi segreti pakistani, l’Isi, a Est dell’Afghanistan, che è sempre stato il burattinaio dei Taliban e dell’Iran, a ovest, che i Taliban ha sempre detestato,nella loro concorrenza alla purezza islamista. All’Occidente, che si era illuso di essere portatore di una verità irresistibile, quella dei diritti umani che, come diceva Gandhi, sarebbe bene cominciare a praticare anche a casa nostra, interessa andarsene e proteggere qualche interesse economico attraverso oleodotti, gasdotti e terminali verso l’Oceano Indiano. I morti, come sempre, seppelliranno i morti” .