Referendum contro la cementificazione di Roma. Vietare no, ma costruire meglio

Pubblicato il 8 Agosto 2012 - 20:57 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – E’ di questi giorni la notizia che il ministro dell’Agricoltura, Mario Catania, ha firmato il referendum per fermare la cementificazione di Roma. Un referendum proposto dai Radicali. Ad di là della rilevanza politica della vicenda, c’è un ragionamento da fare: invece di non volere le nuove costruzioni a Roma si dovrebbe più che altro vigilare affinché si costruisca sì, ma in modo uniforme alle regole e senza nuovi “eco-mostri”.

Con il referendum si chiede che “Roma Capitale adotti tutti gli atti ed effettui tutte le azioni necessarie a predisporre e attuare, attraverso la revisione delle previsioni edificatorie del piano regolatore generale e le conseguenti misure di salvaguardia, un piano straordinario finalizzato allo stop del consumo di territorio ed al recupero qualitativo ed energetico del patrimonio edilizio e dei tessuti urbani esistenti”’.

Una proposta più che giusta da un certo punto di vista: è giusto riqualificare delle aree urbane esistenti che sono più che altro degli scempi. Ma questo si può fare anche continuando a costruire, a patto che si costruisca in aree non protette e che si costruisca bene. Basta guardare la storia di Roma per avere qualche esempio che la possibilità di costruire senza distruggere c’è: il quartiere Prati, ad esempio, è relativamente recente ed è stato ultimato agli inizi del ‘900 in un posto dove non c’era quasi nulla. Ma venne costruito secondo regole urbanistiche degne di questo nome: strade large, bei palazzi, verde. E ancora oggi rimane, a distanza di anni, un bel quartiere residenziale.

Se ci spostiamo 30 anni avanti invece troviamo la costituzione di un altra zona, il comune di Pomezia, dove la realtà è tutt’altra: un ammasso quasi informe di palazzoni, brutti e alti, a ridosso della Pontina. Anche qui, ad esempio, si poteva costruire meglio, come era successo 30 anni prima, anche per un’edilizia di costo inferiore. Si poteva pensare a un’area con case più basse, ad esempio, meno vicina a una strada a scorrimento veloce, con strade più larghe e più servizi.

Il punto quindi che dovrebbe essere sì stabilito per legge, o meglio ribadito, e su cui poi le istituzioni dovrebbero vigilare attentamente, non è vietare di costruire a Roma, ma obbligare a costruire bene, secondo criteri che tutte le altre città europee attuano da anni. Perché Roma non ci riesce?