Cassazione: figlio morto in un incidente? Danno esistenziale va provato

di Redazione Blitz
Pubblicato il 24 Agosto 2013 - 07:40 OLTRE 6 MESI FA
Cassazione: figlio morto in un incidente? Danno esistenziale va provato

Cassazione: figlio morto in un incidente? Danno esistenziale va provato (Ap-LaPresse)

MILANO – Il loro figlio ventenne era morto in un incidente stradale, ma secondo una sentenza della Corte di Cassazione – che pure ha accolto il loro ricorso – non avevano automaticamente diritto al risarcimento per “danno esistenziale”.

Materia complessa, quella dei danni morali e dei danni esistenziali, difficili da determinare con criteri oggettivi.

Materia nella quale si addentra questa sentenza, la 19402/13 (scarica il pdf), che stabilisce che è a carico di chi chiede i danni esistenziali provare gli “autentici sconvolgimenti nella vita dei familiari superstiti, tali da comportare scelte radicalmente diverse” nelle abitudini di vita. Bisogna provare che nell’equilibrio esistenziale della famiglia sia avvenuto un vero e proprio disastro.

Alessandro Galimberti, per il Sole 24 Ore, ha sintetizzato le 18 pagine della sentenza, che ricostruisce una lunga vicenda processuale che inizia nell’inverno del 1993, quando sull’Autostrada del Sole, all’altezza di Viterbo, un’auto finisce sotto un Tir, fermo sulla corsia di sorpasso. L’impatto uccide i quattro dei cinque occupanti ventenni dell’autovettura. I genitori e il fratello di una delle vittime – l’unico sopravvissuto allo schianto – chiedono un risarcimento per danno morale ed esistenziale. In primo grado ottengono, al netto di un 20% a carico del conducente dell’auto, oltre 460 mila euro, in tutto.

Ma genitori e fratello impugnano la sentenza di primo grado e ricorrono in appello, perché vogliono di più. La Corte d’Appello di Roma, nel 2006, conferma la cifra stabilita in primo grado, alla quale però aggiunge 10 mila euro a testa a madre e padre a titolo di danno morale per la sofferenza per le conseguenze fisiche dell’incidente sul loro figlio sopravvissuto.

Scrive Galimberti:

Secondo l’Appello, «il danno biologico ed il danno morale non sono per loro natura suscettibili di una valutazione con criteri oggettivi» e in ogni caso l’importo complessivo liquidato in primo grado era «ampiamente satisfattivo». Al verdetto si era nuovamente opposta la famiglia del giovane defunto, lamentando che questi «era solito avere con il fratello una comunione di vita molto forte, trovando nel fratello maggiore un punto di riferimento», mentre i genitori sottolineavano una «profonda alterazione degli equilibri della vita familiare», più grave della quantificazione definita dai giudici di merito.

Si arriva quindi in Cassazione. E la Corte, pur accogliendo il ricorso della famiglia della vittima,

“ribadisce che il riconoscimento dei «diritti della famiglia» va inteso non solo come proiezione meramente interna «ma nel più ampio senso di modalità di realizzazione della vita stessa dell’individuo alla stregua dei valori e dei sentimenti che il rapporto parentale ispira» e che quindi se «il fatto lesivo abbia profondamente alterato quel complessivo assetto (…) il danno non patrimoniale consistente nello sconvolgimento delle abitudini di vita deve senz’altro trovare ristoro». Le Sezioni Unite poi, con la notissima sentenza 26972/08, pur escludendo un’autonoma figura di danno “esistenziale” avevano riconosciuto la risarcibilità del «danno da lesione del rapporto parentale», in quanto diritto protetto dalla Costituzione. Danno morale e danno alla vita di relazione rispondono, secondo la Corte «a prospettive diverse di valutazione del medesimo evento lesivo» che può provocare «conseguenze alla salute medicalmente accertabili, un dolore interiore ed un’alterazione della vita quotidiana», situazioni «diverse ma tra loro collegate». Il giudice in sede di liquidazione del danno dovrà perciò tenere conto dei diversi aspetti della fattispecie dannosa, «evitando duplicazioni ma anche “vuoti” risarcitori” perché ciò che assume portata decisiva è la centralità della persona e l’integralità del risarcimento del valore uomo»”.