Massimo Giuseppe Bossetti: 365 giorni fa il carcere e la condanna tweet di Alfano

di Redazione Blitz
Pubblicato il 16 Giugno 2015 - 12:28 OLTRE 6 MESI FA
Massimo Giuseppe Bossetti: 365 giorni fa il carcere e la condanna tweet di Alfano

Massimo Giuseppe Bossetti: 365 giorni fa il carcere e la condanna tweet di Alfano

ROMA – Massimo Giuseppe Bossetti: 365 giorni fa il carcere e la condanna tweet di Alfano. Il presunto assassino di Yara Gambirasio è giunto al suo primo anno di carcere: il 3 luglio Massimo Giuseppe Bossetti, guarderà per la prima volta in faccia la giuria della Corte d’Assise. Procura, carabinieri e Ros confidano in un rapido giudizio: gli indizi raccolti dimostrano secondo loro “senza ombra di dubbio” la sua colpevolezza.

La condanna di Alfano via tweet. Nel frattempo, però, Bossetti ha trascorso un anno in carcere da presunto colpevole: il 16 giugno scorso ad annunciare l’arresto fu lo stesso ministro dell’Interno Angelino Alfano ad annunciarlo: “preso l’assassino di Yara”. Giacomo Galanti sull’Huffington Post ricostruisce quella condanna sommaria via tweet:

Parole che lasciavano poco spazio all’interpretazione: il killer, nemmeno considerato presunto, era stato trovato. Finalmente quell’ “efferato assassino” che aveva ucciso la giovane Yara il 26 novembre 2010 a Chignolo d’Isola aveva un’identità e non era più quell’”Ignoto 1” a cui la procura di Bergamo collegava il dna ritrovato sugli slip e sui leggings della vittima. Da quel momento sono passati 365 giorni e Massimo Giuseppe Bossetti li ha passati tutti in carcere, in attesa del processo – data di inizio venerdì 3 luglio – che dovrà accertare se è stato lui, il muratore di Mapello di 44 anni, a togliere la vita a Yara. Una storia che ha la ferocia di un romanzo di James Ellroy ed è ambientata in un microcosmo che ricorda i racconti di Piero Chiara. (Giacomo Galanti, Huffington Post).

Quattro gravi indizi. Sicuri, in questa vicenda, ci sono la morte della povera ragazza, la professione di innocenza di Bossetti che grida all’errore giudiziario, l’appoggio incondizionato della moglie che pure nei colloqui in carcere gli ha chiesto conto di alcune contraddizioni. Gli indizi più gravi, tra gli altri, sono 4. Primo, le tracce di materiale genetico riferibili a Bossetti rovate sul slip e leggins di Yara: recenti riscontri metterebbero però in dubbio la compatibilità del dna mitocondriale tracciato negli slip di Yara con quello di Bossetti.

Secondo, le polveri riconducibili ai cantieri frequentati da Bossetti sul corpo di Yara e uguali a quelle presenti nel furgone dell’imputato. Terzo, l’arma del delitto non è stata trovata ma i numerosi coltelli e altri strumenti compatibili con quello del delitto sono stati trovati a casa e in cantiere. Quarto, l’intensa frequentazione di Bossetti di Chignolo d’Isola, gli espedienti che chi indaga suppone messi in atto in anticipo per procurarsi un alibi (come fatture e bolle).

Il mistero del dna e la vera identità del padre di Bossetti. Il caso Gambirasio, nel corso delle indagini, ha visto infittirsi il mistero sulla vera identità del padre di Bossetti, decisiva per la scoperta del Dna e per la prova regina che inchioderebbe Massimo Giuseppe. Giuliana Ubbiali sul Corriere della Sera rievoca la svolta nell’inchiesta.

Marita e i figli sono il pilastro dell’imputato. Lei è la donna che il giorno del fermo, in attesa dell’interrogatorio in questura ha chiesto la verità alla suocera Ester Arzuffi: «È stata insieme a Guerinoni? Me lo dica adesso, me lo dica adesso». Una domanda fondamentale, perché al suo «Massi» gli inquirenti sono arrivati con il test del Dna che lo indica figlio dell’autista di Gorno Giuseppe Guerinoni, morto nel 1999, e non del padre anagrafico Giovanni Bossetti. È anche la donna che a fronte della notizia del furgone del marito ripreso dalle telecamere attorno alla palestra fino a poco prima della scomparsa di Yara, lo incalza: «Non puoi girare lì tre quarti d’ora così, a meno che non aspettavi qualcuno».

Ma è anche la moglie che nelle interviste in tv e ai giornali ha detto di credere a Massimo, e che lo va trovare tutte le settimane, non ha mai smesso, e due volte extra al mese può portare i figli.Una domanda fondamentale, perché al suo «Massi» gli inquirenti sono arrivati con il test del Dna che lo indica figlio dell’autista di Gorno Giuseppe Guerinoni, morto nel 1999, e non del padre anagrafico Giovanni Bossetti. È anche la donna che a fronte della notizia del furgone del marito ripreso dalle telecamere attorno alla palestra fino a poco prima della scomparsa di Yara, lo incalza: «Non puoi girare lì tre quarti d’ora così, a meno che non aspettavi qualcuno». Ma è anche la moglie che nelle interviste in tv e ai giornali ha detto di credere a Massimo, e che lo va trovare tutte le settimane, non ha mai smesso, e due volte extra al mese può portare i figli. (Giuliana Ubbiali, Corriere della Sera).