Omicidi in famiglia, sociologa: “E’ il luogo più pericoloso”

Pubblicato il 26 Aprile 2010 - 16:00 OLTRE 6 MESI FA

Chiara Saraceno

“La famiglia si conferma come il luogo più pericoloso in cui stare”: è lapidaria, la sociologa Chiara Saraceno, nel commentare all’Ansa fatti di cronaca come la strage nel mantovano, lo strangolamento della moglie a Udine, la moglie presa a martellate a Torino o l’omicidio di sorella e cognato Nuoro.

“E’, o dovrebbe essere il luogo della sicurezza – spiega Saraceno, che insegna all’Istituto di ricerca sociale di Berlino – ma allo stesso tempo è anche uno dei luoghi più insicuri”. E questo anche a causa di un malsano senso di proprietà: “esiste un’idea di famiglia come ‘roba propria’ – dice – per cui non ci si pensa su due volte a eliminarla quando non funziona più come si vorrebbe”.

Insomma, se penso che i miei figli e mia moglie siano di mia proprietà, posso arrivare a credere di avere diritto di vita e di morte su di loro. Famiglia, dunque, come luogo “concentrazionario”, cioé chiuso affettivamente ed emotivamente, “dove si concentrano le aspettative di tutti i tipi.

E quando il sistema si rompe, chi è più fragile perde ogni senso del confine” tra lecito e illecito, morale e immorale. Quanto ad alcune statistiche che vedrebbero l’Italia in cima alla classifica europea per la violenza all’interno della famiglia, secondo la sociologa “la violenza nei confronti della propria moglie o compagna è diffusa in tutto il mondo.

E’ vero, però, che in Italia c’è un’enfasi smodata sul concetto di matrimonio e di famiglia con la effe maiuscola, che certo non ci mette al riparo. Parlare sempre di ‘famiglia’ come luogo perfetto e obiettivo di vita che deve funzionare a ogni costo può anche scatenare delle patologie”.

Ci sono dei segnali che possono far capire che potrebbe scatenarsi una furia omicida? “Certo – spiega Saraceno – l’eccesso di gelosia, di controllo, ma anche una violenza quotidiana che talvolta viene accettata nella coppia per quieto vivere, sono tutte avvisaglie che andrebbero colte. Spesso si pensa di essere al riparo perché ci si separa dal coniuge violento, ma talvolta non è così. Ci sono anche casi in cui l’omicidio scatta dopo che il rapporto si è rotto, senza nessuna avvisaglia”.

E poi “bisognerebbe prendere più seriamente malattie come la depressione, che possono portare a gesti estremi”.