Tre matrimoni e un suicidio politico: le “lei” bianche, i “lui” neri

Pubblicato il 28 Marzo 2012 - 13:36 OLTRE 6 MESI FA

BELLUNO – Il 13 maggio del 2011 Ousmane, Sainey e Jude arrivano in un paesino veneto di 3mila anime, Santo Stefano di Cadore. Sono tre ragazzi trentenni africani, arrivati in Veneto come profughi insieme a altri 90 uomini nelle loro stesse condizioni. Sono 90 neri piombati nel cuore della “Padania”, nella provincia di Belluno dove la Lega prende il 27,7% dei voti. In quei giorni sono centinaia i barconi che attraversano il Mediterraneo portando profughi dalla Libia. Lampedusa è sull’orlo del collasso. Prefetture e Protezione civile sono al lavoro per smistare tutte queste persone: alle 16,30 il sindaco di Santo Stefano di Cadore, Alessandra Buzzo, riceve la telefonata della Protezione civile veneta. Chiedono se il suo paese può accogliere 90 ragazzi africani. La maggioranza dei compaesani non ci pensa nemmeno, su Facebook nasce subito un gruppo: “No profughi in Comelico”. Buzzo però decide per l’accoglienza e quei 90 uomini arrivano nel suo paesino.

Passa nemmeno un anno, è il 24 marzo del 2012. Nel municipio di Santo Stefano si celebra un matrimonio triplice: sono sei coppie a dirsi sì. Sei coppie dove i “lui” sono neri e le “lei” bianche: Ousmane, Sainey e Jude hanno sposato Marika, Veronica e Chiara. Quest’ultima, per altro, è la figlia del sindaco che ha voluto accogliere quei profughi e ora si ritrova suocera di uno di loro. Tre storie d’amore nate proprio quel 13 maggio, nelle prime ore dell’emergenza. Veronica e Marika Buzzo sono sorelle, hanno 36 e 34 anni, e si occupano di accoglienza agli immigrati come volontarie. Chiara De Monte ha 28 anni ed è assistente sociale. I loro mariti non hanno ancora un lavoro che permetterebbe una vita tranquilla, e l’italiano non lo padroneggiano a dovere. Sainey Badie ha 31 anni, è nato in Gambia, è musulmano e lavorava in Libia come insegnante di inglese. Ousmane Sidi è nigeriano, 33 anni, musulmano, operaio e traduttore dall’arabo al francese. Sua moglie Marika dice: “Sono serena perché ho conosciuto in Ousmane una persona molto dolce. Io sono cattolica, lui musulmano, ma non è un problema: fra noi c’è tanto rispetto”. Jude Ejims è nigeriano, ha 32 anni, è cattolico, in Libia è stato meccanico e piastrellista. Sua moglie Chiara racconta: “Non abbiamo ancora deciso se rimanere qui o trasferirci. Ci sono troppi pregiudizi e pensare al futuro non è facile. Il fatto che alla cerimonia di sabato in municipio di fossero molti più africani che veneti non è un segnale incoraggiante”.

Un segnale incoraggiante non lo è davvero: per la mamma di Chiara, il sindaco Alessandra Buzzo, è stato anche un suicidio politico. “Più che una questione politica per me è stata fin dall’inizio una questione di coscienza. Mi sono giocata la rielezione? Pazienza. Quei 90 ragazzi hanno l’età dei miei figli. Ho pensato a loro e ho deciso. Per mia figlia sono preoccupata come tutti i genitori: ho un matrimonio fallito alle spalle e so cosa significa. In più so che lei e mio genero dovranno sfidare l’intolleranza di tante, troppe persone”.