In Ucraina i preti si sposano con la benedizione del Vaticano

Pubblicato il 13 Aprile 2010 - 08:52 OLTRE 6 MESI FA

Mentre il resto dell’Europa (e non solo) è scosso dagli scandali che coinvolgono alcuni preti cattolici in episodi di pedofilia e si domanda se il celibato possa esserne una delle cause, nell’Ucraina occidentale molti sacerdoti si sposano, si riproducono con la benedizione del Vaticano e seguono la propria vocazione circondati da nidiate di bambini, tra cui – naturalmente – anche i propri figli.

Questo perché la Chiesa greco-cattolica ucraina, come le altre che seguono il Rito Orientale e a differenza, invece, di quella cattolica-romana, ammette il matrimonio dei propri “pastori”, fedeli al Papa come gli altri e guidati da un “regolare” cardinale alle dipendenze del Vaticano. Un “compromesso” accettato da Roma da secoli, allo scopo di riuscire a tenere un “piede” in un’area altrimenti dominata dalla Chiesa ortodossa. Che suggerisce, però, una visione sulla sessualità dei preti meno radicale di quella che ci si aspetterebbe, viste le posizioni ufficiali del Vaticano.

La famiglia Volovetskiy ne è un esempio. Il padre, reverendo Yuriy Volovetskiy, ha una piccola parrocchia, mentre la moglie, Vera, insegna catechismo. Tra i sei figli – di età compresa tra i 21 e i 9 anni – Pavlina, la maggiore, vorrebbe seguire le orme della madre, mentre Roman, 16 anni, quelle del padre. Un quadretto idilliaco – ritratto da un articolo del New York Times – che dimostra quanto la famiglia possa essere compatibile con l’abito talare, che anche padre Yuriy indossa con orgoglio.

«Il mio ruolo di papà è estremamente importante nel mio lavoro – spiega padre Volovetskiy, 45 anni – perché mi aiuta a capire i problemi dei miei fedeli, che in questo modo mi sentono più vicino a loro. Per questo ritengo che avere moglie e figli sia più naturale e utile per un prete».

Nonostante i sacerdoti ucraini siano riluttanti nel criticare le affermazioni di Papa Benedetto XVI sulla cruciale importanza del celibato, ammettono però quanto la libertà di cui godono permetta loro di compiere con pienezza la propria vocazione e di comprendere meglio i bisogni dei propri fratelli.

«Le persone si fidano di più di me, perché mi ritengono un uomo con i loro stessi problemi – racconta padre Yuryi – Inoltre, vedendo come la mia famiglia vive, la possono prendere come concreto esempio, perché qui siamo parte integrante della società».

«Siamo sempre sotto gli occhi di tutti – ammette Ramon – sia a scuola che per strada ed è una vera e propria sfida dover essere sempre un modello per gli altri».

Secondo il reverendo Roman Kravchyk, un funzionario anziano della chiesa greco-cattolica ucraina, il celibato va prima di tutto contro la natura umana: «Nessuno può rinunciare alla vita sessuale, perché siamo tutti esseri viventi. Non siamo dei sassi, ma naturalmente ci devono essere dei limiti». Come, per esempio, la monogamia o il divieto di avere rapporti extra-matrimoniali.

«Mi sembra che per un prete celibe sia più difficile spiegare le cose ai parrocchiani, perché non ha esperienza di quello che vivono e nemmeno di ciò che consiglia loro» continua Kravchyk, che si rifiuta però di sostenere ci sia un legame tra gli episodi di pedofilia e l’astinenza sessuale obbligatoria per i preti della chiesa cattolica romana.

Una connessione (accennata anche dal cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, nel momento in cui ha invitato la Chiesa romana a chiedersi se gli abusi non potessero spingere a una revisione dell’obbligo del celibato) che il Vaticano ha negato con forza, sostenendo che altrimenti non si sarebbero mai verificati episodi analoghi al di fuori dei seminari, cosa che invece accade frequentemente.

Il cardinale Lubomyr Husar, leader della Chiesa ucraina e – come molti dei sacerdoti ai vertici della gerarchia, celibe – ha preferito non commentare le affermazioni giunte da Oltretevere, ma ha sottolineato come la possibilità di sposarsi potrebbe comunque essere una soluzione al drammatico calo degli aspiranti sacerdoti.