Perù. Polizia per tre giorni sequestro, torturò e uccise minatori. Al via il processo a Londra

Pubblicato il 19 Ottobre 2009 - 16:00 OLTRE 6 MESI FA

minieraDurante una manifestazione contro lo sfruttamento delle miniere, un gruppo formato da 28 manifestanti è stato aggredito, insultato e sequestrato per tre giorni all’interno di una miniera. È successo in Perù nel 2005: alla manifestazione hanno partecipato 15 mila persone che ad un certo punto sono state fatte disperdere dalla polizia peruviana tramite un lancio di lacrimogeni.

Successivamente, alcuni poliziotti hanno pensato bene di sequestrare 28 persone incappucciandole e rinchiudendole per tre giorni nella miniera di rame di Rio Blanco nel nord del Perù, non lontano dal confine con l’Ecuador. Poi questi malcapitati sono stati rilasciati malconci, ma uno di loro non ha mai fatto rientro a casa, lo hanno raccolto esangue all’interno della miniera. L’autopsia fatta sull’uomo, ha evidenziato che ha impiegato 36 ore per morire.

Ora dopo tutti questi anni di distanza è finita nel mirino la polizia peruviana e i metodi che utilizza. Del caso si sta occupando in queste settimane l’alta corte di Londra, dato che la miniera è di proprietà di una compagnia britannica, la Monterrico Metals che ha il proprio quartier generale a Hong Kong e le principali attività estrattive in Perù.

La società nega ogni ruolo nella vicenda, ma secondo gli avvocati dei manifestanti fu proprio il direttore del sito minerario, un dipendente della società, a dirigere le operazioni dei poliziotti. La corte in questi giorni ha raccolto le prove e testimonianze, ed ha chiesto alla compagnia di mantenere pronte almeno 5 milioni di sterline, somma che dovrebbe servire per coprire i risarcimenti alle vittime degli abusi, in caso di condanna.

Un testimone oculare racconta al quotidiano inglese “Guardian” dell’attacco dei poliziotti, avvenuto all’alba, mentre il gruppo che aveva iniziato una lunga marcia di avvicinamento alla miniera si era fermato per una sosta in un prato ad alcuni chilometri dal sito minerario: «Ci hanno sparato: un uomo ha perso un occhio, un altro è stato colpito ad una gamba, un altro ancora ai polmoni e un quarto alla tempia».

Una delle due donne catturate e inserite nel gruppo dei 28 racconta invece di molestie e di abusi sessuali: «Ci toccavano il seno, cercavano di toglierci i pantaloni. Hanno minacciato di violentarci». Due poliziotti sono ritratti in una fotografia mentre mostrano spavaldi la loro biancheria intima tra le mani. Ci sono immagini in cui si vedono i manifestanti incappucciati con sacchi di cellophane, le mani legate dietro la schiena, costretti a marciare in fila indiana o accalcati sotto una tettoia. Ci sono fotografie che mostrano le ferite riportate durante i tre giorni di terrore vissuti sotto i cieli di Rio Blanco. E molte sono state scattate da un giornalista peruviano, anche lui poi detenuto dagli agenti, proprio all’esterno degli uffici della miniera.

La compagnia mineraria è convinta di poter dimostrare la propria estraneità ai fatti e spiega che i colpi di arma da fuoco sono stati sparati lontano dalla miniera. Racconta di un poliziotto colpito ad una gamba da un proiettile sparato dai manifestanti, sottolineando come proprio questo episodio abbia generato gli arresti.

Il giacimento di Rio Blanco, seciondo il sito della società è uno dei più grandi depositi di rame del mondo: la compagnia punta a svilupparlo fino a farlo diventare anche uno dei più produttivi. Nel proprio sito l’azienda si dice «pienamente impegnata nello sviluppo sostenibile e nelle sue responsabilità di fronte alle comunità locali».