“Esodati” e ricongiunzioni onerose, sciopero unitario il 13 aprile

Pubblicato il 29 Marzo 2012 - 12:23 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – La questione “esodati” si fa incandescente: tutte le organizzazioni sindacali si sono date appuntamento il 13 aprile a Roma per uno sciopero unitario. Lo stato di agitazione è stato indetto per costringere il governo a varare misure di protezione per una platea di 350 mila lavoratori sospesi nella terra di nessuno dei senza stipendio e senza pensione. Una situazione che riguarda un numero enorme di persone, di cui già definire l’entità è un’impresa.

Comunque un esercito, considerando che è di 22 milioni il totale dei trattamenti pensionistici (considerate le pensioni doppie) per 17 milioni di titolari di un assegno previdenziale: gli esodati rappresenterebbero un 2% che concentrato nel breve volgere di qualche mese è una cifra rilevantissima. Ai sindacati non bastano le rassicurazioni differite nel tempo: vogliono che la riforma Fornero non si applichi a loro o quantomeno preveda un’uscita controllata e tutelata. Tiene banco anche la questione delle ricongiunzioni onerose. Parliamo della possibilità di riunire tutte i cespiti contributivi dentro un’unica cassa previdenziale: ottenere il ricongiungimento spesso vuol dire sborsare somme che i sindacati giudicano inique e penalizzanti.

Non bastano, sempre a proposito di esodati, le rassicurazioni di Fornero (entro giugno un decreto), di Mastrapasqua direttore dell’Inps che si accoda e si mostra piuttosto cauto nell’indicare cifre e scadenze. Anche il presidente della Repubblica Napolitano è intervenuto sul tema mercoledì 28 marzo garantendo che una soluzione è allo studio. Il fatto è che mancano le risorse per la copertura finanziaria di un eventuale provvedimento che accontenti tutti.

La riforma, come è scritto nella legge 214/2011 articolo 24, prevede un decreto ad hoc entro giugno: serve tempo per definire i criteri di accesso alla pensione con i vecchi requisiti. Riguarda coloro che sono interessati da procedure di mobilità, o percettori di fondi di solidarietà, o chi aveva stipulato accordi con le aziende per l’uscita anticipata in vista del pensionamento. Questi ultimi avevano accettato l’incentivo della aziende per lasciare in anticipo il lavoro e che hanno visto allontanarsi di anni l’arrivo del sospirato assegno previdenziale per effetto della riforma (innalzamento dell’età pensionabile, scomparsa della pensione di anzianità ecc..).

Ma come si è arrivati a questo punto? Il 17 gennaio, con il decreto milleproroghe, coincide temporalmente con il primo tentativo di sanare la questione: la prima quantificazione del Governo assumeva come dato di riferimento 65 mila lavoratori, l’Inps avendo considerato tutti quei lavoratori che avevano lasciato il lavoro e avrebbero maturato i requisiti di normale pensionamento dopo la fine dell’anno. Per questa platea le risorse erano venute fuori: 240 milioni per il 2013, 630 milioni per il 2014, 1 miliardo e 40 milioni per il 2015, 1 miliardo e 200 milioni per il 2016, un miliardo per il 2017, 610 milioni per il 2018 e 300 milioni per il 2019.

Un mese dopo, a metà marzo, la cifra degli esodati lievita a 350 mila. Il ministro Fornero si impegna a prendere una decisione entro giugno ma avverte che di soldi per accontentare tutti non ce n’è. Un punto viene fisssato: chi ha maturato i vecchi requisiti entro il 31 dicembre 2011 no sarà toccato dalla Riforma. Stessa sorte potrebbe essere accordata a coloro che hanno firmato l’accordo all’esodo entro il 4 dicembre 2011, soluzione applicabile secondo il ministero, appunto ai 65 mila.