Letta, “bambole non c’è una lira”. Dal 29 maggio, forse. Cig, solo 500 mln?

Pubblicato il 17 Maggio 2013 - 11:22 OLTRE 6 MESI FA
Letta, "bambole non c'è una lira". Dal 29 maggio, forse

Letta, “bambole non c’è una lira”. Dal 29 maggio, forse

ROMA – Letta, “Bambole non c’è una lira”. Dal 29 maggio, forse. Non sarà il decreto dei “miracoli” mette le mani avanti il presidente del Consiglio Enrico Letta da Varsavia. E, infatti, sui provvedimenti più corposi come Imu e Cig le risorse attuali consentono solo sospensioni e misure tampone. Di più, non si può, nonostante fughe in avanti e pretese dei partiti.

Perché i vincoli di bilancio imposti dalla Ue non  ammettono sgarri, almeno fino al 29 maggio, quando, con buone probabilità l’Italia uscirà dalla procedura di infrazione per eccesso di deficit, la fine del regime di libertà vigilata sui conti pubblici.Il nostro 2,9% di deficit sul Pil, frutto dei tagli e delle riforme del governo Monti è al momento una soglia invalicabile: ogni copertura finanziaria sulle misure adottate avverrà per ora a saldi invariati.

Per questo sull’Imu l’unica strada praticabile è la sospensione della rata di giugno sulle prime case: si procederà con un anticipo di tesoreria diretto ai Comuni di 2 miliardi di euro. Solo l’intero capitolo degli immobili strumentali (dai capannoni ai laboratori agli uffici) di imprese e agricoltori vale 6/7 miliardi. La soluzione contabile a saldi invariati dell’anticipo di tesoreria invece non impatta sui conti pubblici.

Per la Cig vale lo stesso discorso.  Non ci sono risorse disponibili per sanare la questione fino a fine anno ma solo per 4 mesi al massimo. Saccomanni, il ministro dell’Economia, avrebbe messo a disposizione 496 milioni (e non solo 800 milioni come si vociferava) rispetto agli 1,3/1,5 miliardi necessari a coprire la cassa in deroga fino a fine anno.

Per questo, ammesso che in Cdm vengano recuperati al massimo altri 500 milioni, la misura non andrà oltre il miliardo di euro. La soluzione contabile per arrivare al miliardo può essere fornita attingendo al fondo per la decontribuzione della contrattazione di secondo livello. Saldi invariati, anche qui: metodo contestato dai sindacati perché, come in una partita di giro, aggiunge risorse al lavoro togliendone sempre al lavoro. Il governo si impegna alla restituzione nella prossima legge di stabilità.

Se il 29 maggio usciamo dalla procedura di infrazione. E’ una data fondamentale per i nostri conti pubblici e la possibilità di allargare i cordoni della borsa per finanziare le riforme (tipo quella sulla tassazione degli immobili) e ridurre in generale la pressione fiscale per rilanciare i consumi. Parliamo di una maggiore disponibilità stimabile in una quindicina di miliardi.

La procedura di infrazione limita gli spazi di manovra nella spesa pubblica. La “punizione”, diciamo così, ci verrà condonata se mostriamo, a partire da questo decreto, di non sforare gli obiettivi di quest’anno. Poi dovrà essere trasmessa a Bruxelles la Nota di aggiornamento al Def e una puntuale e rigorosa indicazione del piano di copertura finanziaria per le riforme e gli investimenti più sostanziosi (dall’Imu alla cancellazione dell’aumento dell’Iva).

Solo una volta fuori dalla procedura di infrazione e con l’approvazione vigile dell’Europa potremo nel 2014 esercitare quel po’ di flessibilità nei conti pubblici che consente di sforare il pareggio di bilancio fino al 3% del Pil. Dovesse andar male il margine di manovra sarebbe limitato all’1,8% (cioè la soglia  sanzionatoria impostaci dalla procedura di infrazione per aver sforato su debito e deficit).

Aggiungiamoci il “dividendo” del maggior risparmio sul pagamento degli interessi sui titoli di Stato, grazie al calo progressivo dello spread, e avremo il tesoretto auspicato per varare i provvedimenti per la crescita, il lavoro ecc… Ma solo dopo il 29 maggio. E con effetti significativi dal 2014. Quando potremo noi impostare la nostra pianificazione finanziaria e non farcela imporre dall’Europa, alla quale lasceremmo solo  il ruolo di controllore.