Wsj: Europa con peccato originale, manca politica economica comune

di Francesco Montorsi
Pubblicato il 28 Maggio 2013 - 07:37 OLTRE 6 MESI FA

Wsj: Europa con peccato originale, manca politica economica comuneBRUXELLES – L’Europa sta lentamente uscendo fuori dalla crisi? Così parrebbe. Ma potrebbe darsi che la calma sia solo passeggera e che la crisi non sia dovuta ad una situazione congiunturale ma ad un vero e proprio «peccato originale». Questo, in poche parole, sostiene il Wall Street Journal, quotidiano statunitense araldo del liberismo economico, in un editoriale intitolato «Un difetto fatale mina le fondamenta della zona Euro?».

Si parte della constatazione che la struttura della zona euro è oggi molto più sicura e stabile che due anni. Le quotazioni delle principali piazze economiche europee sono salite, negli ultimi mesi, sulla scia della loro controparte americana e nonostante una stagnazione/recessione economica che non ha equivalenti con gli Stati Uniti. Poiché la plausibilità di un’implosione della zona Euro è diventata più irrealistica che qualche mese fa, le azioni quotate in borsa dei principali gruppi industriali e finanziari europei hanno goduto del reinstaurato clima di fiducia.

Le azioni decise della Banca Centrale Europea – il famoso Bazooka di Mario Draghi e le affermazioni che la moneta unica è «irreversibile» – hanno permesso di riportare la calma nei mercati. I buoni del Tesoro di diversi paesi europei sono considerati tra gli investimenti più sicuri del pianeta e i buoni greci sui dieci anni sono passati da un tasso di rendita al 38% ad uno all’8%. Sebbene le politiche di austerità minino il morale dei cittadini, secondo alcuni sondaggi più del 60% di spagnoli, francesi, italiani e greci non vuole abbandonare la moneta unica europea.

E se questa stabilità riguardasse solo la parte visibile dell’edificio e non le sue fondamenta? Questa è l’opinione di Russel Jones, consulente finanziario per Australia Westpac. Secondo lui, esiste una «differenza fondamentale, filosofica, tra la Germania (condivisa da alcuni altri paesi della zona Euro) ed il resto del mondo, incluse le economie anglosassoni e la periferia europea». In sostanza, la Germania pensa che la virtù economica consista nell’aumentare la produttività del paese e nell’accumulare il surplus ottenuto.

La maggior parte degli altri paesi ha un’altra visione della politica economica e preferisce stimolare la domanda tramite incentivi economici a costo di creare debito. Si contrappongono così due teorie, incompatibili in un medesimo organismo, da una parte un’economia della domanda (aumentiamo i redditi ed aumenterà la domanda del bene) e dall’altra, una politica tedesca che preferisce accumulare il surplus piuttosto che reinvestirlo nell’economia.

Date queste promesse è abbastanza ovvio che il surplus tedesco corrisponda ad un deficit delle altre economie europee (se qualcuno ha un surplus qualcun altro deve avere il deficit). Le politiche economiche dei paesi europei devono allora armonizzarsi tra loro oppure prendere atto di uno squilibrio fondamentale nell’edificio europeo che potrebbe un giorno rivelarsi, secondo il WSJ, un «difetto fatale».