La Cina si compra il petrolio dell’Ecuador (e lo vende agli Usa)

di Redazione Blitz
Pubblicato il 30 Novembre 2013 - 13:19 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Pechino si compra il petrolio dell’Ecuador.  Marco Calvopiña, direttore generale di PetroEcuador, la compagnia petrolifera di Stato di Quito, alla fine ha firmato: la Cina finanzierà l’Ecuador (ha cominciato con un miliardo nel 2009 ed è arrivata quest’anno al 61 per cento del fabbisogno finanziario del governo), in cambio, l’Ecuador, membro dell’Opec (l’Organizzazione dei Paesi produttori), si è impegnato a vendere oltre il 90 per cento del suo greggio a PetroChina.

"Le mire del dragone", l'infografica del Corriere della Sera

“Le mire del dragone”, l’infografica del Corriere della Sera

Scrive il Corriere della Sera:

Ci si aspetterebbe dunque che anche i 500 mila barili al giorno ottenuti dall’Ecuador finissero in Cina, per alimentare la grande sete della seconda economia del mondo. Invece no. PetroChina rivende quel petrolio sul mercato internazionale. Mezzo milione circa di barili al giorno, fanno in un anno circa 13 miliardi di dollari. E chi è il primo acquirente? Gli Stati Uniti d’America. 
Una strana triangolazione. Anche da un punto di vista di politica internazionale: il presidente Rafael Correa, giovane socialista critico del potere una volta esercitato in Ecuador dalle società petrolifere occidentali, ora celebra come un trionfo il patto in base al quale ha ceduto il controllo del settore alla Cina, osservano gli analisti di Reuters . D’altra parte, in assenza di altri grandi finanziatori internazionali, dopo il default, l’Ecuador senza l’intervento cinese sarebbe morto per asfissia.
Secondo le stime, il consumo di petrolio in Cina salirà a 580-590 milioni di tonnellate entro il 2015 e 690-700 milioni di tonnellate entro il 2020. Per rastrellare la produzione mondiale, gli inviati di Pechino sono impegnati in un grande gioco del domino. La Cina ha già finanziato con 43 miliardi di dollari le attività di estrazione e ricerca del Venezuela, un altro Paese in cattivi rapporti con Washington; ne ha dati 55 alla Russia; 10 al Brasile; 13 miliardi all’Angola.