Intercettazioni: che riforma sarà se Renzi fa tutto da solo?

di Antonio Buttazzo
Pubblicato il 23 Settembre 2015 - 16:39 OLTRE 6 MESI FA
Intercettazioni: che riforma sarà se Renzi fa tutto da solo?

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi – Foto Roberto Monaldo / LaPresse

ROMA  – La legislazione delegata si inserisce perfettamente nel disegno renziano di progressivo svuotamento dei poteri del Parlamento, almeno di quello pensato dal legislatore costituente. La legge delega approvata oggi alla Camera, con la quale è stato demandato al Governo la riscrittura di parte del codice di rito penale (attenzione, non la riforma dello stesso come impropriamente si dice) è parte di una attività parlamentare che, prevista come straordinaria è divenuta frequente in questa legislatura.

Si tratta in buona sostanza di uno strumento volto a delegare a scatola chiusa la legislazione in determinate materie al gabinetto ministeriale, aspettando che i demiurghi lì riuniti facciano il miracolo di dotarci di leggi efficaci e giuste.

Cosa che peraltro raramente accade, soprattutto quando si salta a piè pari il dibattito parlamentare. Il fatto è che per lo meno nell’altro caso di delega al governo previsto dalla Costituzione, quello dei decreti legge, è necessaria poi una legge di conversione per dare attuazione alla volontà dell’esecutivo, così realizzandosi una qualche forma di controllo da parte delle Camere.

Nei decreti legislativi emanati dal Governo, sulla base della delega ricevuta, ciò non è previsto, con il risultato che la legge sarà approvata come hanno deciso quella decina di membri del governo all’uopo delegati.
La legge-delega viene proposta con legge ordinaria, non infrequente è quindi la minaccia da parte del governo di porre la fiducia se non approvata, strumento come è noto di forte deterrenza al dibattito parlamentare, soprattutto in una assemblea in cui non abbondano i cuor di leone.

Quella di oggi, contiene una delega, tra le altre, importantissima e riguarda la riforma del regime delle intercettazioni e non solo quelle telefoniche. Il governo dovrà quindi predisporre delle norme tese a punire la pubblicazione di intercettazioni non rilevanti per l’indagine penale. Il problema come sempre sarà quello di capire se una intercettazione, seppure non rilevante ai fini penali, potrà però esserla ai fini di cronaca.

Stabilire insomma se l’opinione pubblica ha o meno il diritto di essere informata anche di circostanze che, estranee al processo penale, rivestano comunque interesse pubblico e siano quindi degne di essere conosciute, senza che ciò costituisca la tanto evocata gogna mediatica. Potrà mai avere il solo Consiglio dei ministri – seppure affiancato dalla consueta commissione mista magistrati/docenti/giornalisti – la necessaria competenza per prendere una decisione su un argomento così spinoso?

Infine, vale la pena di evidenziare un altro aspetto molto importante e su cui si è allegramente sorvolato: il carcere per i giornalisti. La legge-delega approvata non contiene la previsione di pene detentive a carico dei giornalisti disobbedienti. Ma neanche le esclude, come volevano i rappresentanti dei 5 stelle. Vedremo poi come si tradurrà questa delega in bianco sul regime della punibilità.