Crisi? Berlusconi tra dimissioni e fiducia, è la Costituzione…

di Marcello Degni
Pubblicato il 13 Ottobre 2011 - 08:55| Aggiornato il 26 Febbraio 2020 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi dopo aver parlato alla Camera chiederà di nuovo la fiducia. Di seguito le considerazioni del professor Marcello Degni su effetti e conseguenze della bocciatura in Parlamento dell’art. 1 del Rendiconto di Bilancio

1. Il rendiconto generale dello Stato è il documento più analitico di cui si dispone relativamente alle entrate ed alle spese delle Amministrazioni centrali. Indica, nel conto del bilancio, per ciascun capitolo di spesa e di entrata, oltre alle previsioni, le spese impegnate e pagate, le entrate accertate e incassate, i residui che dall’anno precedente passano al successivo e, per le spese, le somme cancellate, (soggette a perenzione o economie di bilancio). Nel conto del patrimonio sono inoltre indicate le attività e le passività dello Stato. Il rendiconto è scarsamente considerato dalla politica, poco propensa a valutare i risultati delle scelte passate e sempre protesa a proporre nuovi interventi per il futuro.

2. Il rendiconto si riferisce all’anno precedente a quello in corso (il 2010 nel caso in esame) e la Costituzione (art. 81) ne prevede l’approvazione da parte delle camere (“Le Camere approvano ogni anno i bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo”). La sanzione legislativa è stata prevista dai Padri Costituenti per l’alto valore anche simbolico del documento, che prima di essere presentato all’esame del Parlamento viene, caso unico nel nostro ordinamento, sottoposto al giudizio di parificazione di un altro organo di rilievo costituzionale, la Corte dei Conti.

3. Il rendiconto è quindi un documento complesso, relativo a un periodo già concluso e vagliato tecnicamente prima della presentazione al Parlamento. La sanzione legislativa attiene quindi al controllo politico, come è stato affermato autorevolmente in dottrina (così Mortati: “vera funzione di controllo è da assegnare alla legge di approvazione del rendiconto consuntivo”). Il Parlamento in altre parole ha “la sola possibilità di approvare o respingere il conto che gli viene proposto, risultando difficile da immaginare un’opera diretta di correzione” (Bartole in Commentario Branca).

4. Nella seduta dell’11 ottobre 2011 la Camera dei deputati ha respinto l’articolo 1 del ddl 4261, già approvato dal Senato. Si tratta dell’articolo che apre il ddl relativo al Rendiconto 2010. Non era mai accaduto nella storia repubblicana. La bocciatura del rendiconto era considerata un caso di scuola. Nella prima repubblica si registrano alcuni “precedenti” relativamente al bilancio di previsione, mai in relazione al rendiconto (e in molti casi, la bocciatura di alcune tabelle del bilancio ha provocato le dimissioni dell’esecutivo). Il respingimento del rendiconto è un sintomo evidentissimo della scarsa tenuta del sistema. Il modello maggioritario, che implicherebbe, per esplicare la propria efficacia, valori comuni, non riesce neppure, nella declinazione italiana, a condividere la certificazione dei conti dello stato dell’esercizio precedente. Lo stallo ha superato il livello di guardia.

5. La norma respinta è apparentemente neutrale: “Il rendiconto generale dell’amministrazione dello stato e i rendiconti delle amministrazioni e delle aziende autonome per l’esercizio 2010 sono approvati nelle risultanze di cui ai seguenti articoli”. Nei fatti la norma regge l’intero provvedimento, come ha sostenuto la giunta per il regolamento nella riunione del 12 ottobre 2011, richiamando numerosi precedenti. “La formulazione dell’articolo”, si evince dai lavori della Giunta, “rivela un contenuto deliberativo autonomo e sostanziale” e “mancando questa disposizione, l’effetto di approvazione non potrebbe farsi discendere dalla eventuale approvazione di tutti i successivi articoli, né dal voto finale sul disegno di legge”. Viene in sostanza rifiutato il giudizio di natura naturalmente ricognitiva del testo respinto, da cui si fa discendere “la preclusione dei restanti articoli e la reiezione del provvedimento nel suo complesso, con conseguente conclusione del suo iter parlamentare”. (Come nel caso dell’articolo unico di conversione in legge di un decreto che, se respinto, trascina con se l’intero provvedimento sottostante).

6. La Giunta ha anche rilevato l’impossibilità di proseguire l’esame del ddl di assestamento per il 2011 in quanto, come dispone il regolamento della Camera (art.119, comma 8 ) “il ddl di approvazione del rendiconto generale dello stato è esaminato, con il disegno di legge che approva l’assestamento degli stanziamenti di bilancio per l’esercizio in corso. In effetti esiste una connessione sostanziale tra i due documenti: il rendiconto definisce in via definitiva l’ammontare dei residui che passano da un anno all’altro, e questa è una delle funzioni principali dell’assestamento, che corregge le previsioni iniziali basate sui residui presunti ad esercizio finanziario ancora aperto (negli ultimi 20 anni, sostiene la Giunta, il “rendiconto è stato sempre esaminato congiuntamente all’assestamento, rispetto al quale è stato considerato il necessario presupposto”).

7. Il respingimento del rendiconto, implica la conseguenza politica della “crisi di Governo”, si legge nel manuale di Diritto Pubblico di Pitruzzella-Brin. In modo analogo si sono espressi costituzionalisti commentando a caldo sulla stampa la votazione della camera. Capotosti ha sostenuto (sul Corriere della Sera) che l’obbligo giuridico di dimissioni del Governo si ha solo in seguito al rigetto della fiducia, come stabilisce l’articolo 94 della Costituzione. Ma l’obbligo costituzionale di approvazione del rendiconto, in assenza di disposizioni in caso di mancata approvazione, implica una reinvestitura della fiducia. Il capo del governo dovrebbe salire al Quirinale, che potrebbe rinviarlo alle Camere e, in caso di ottenimento della fiducia, il governo potrebbe ripresentare il rendiconto “eliminando l’articolo 1 che è stato bocciato, riscrivendolo, cioè accorpando gli articoli”, senza modificare i dati contabili già parificati.

8. La bocciatura da parte del Parlamento di parti del bilancio dello Stato è stata considerata molto rilevante, sotto il profilo politico, anche nel passato. Si richiama in proposito una seduta della Camera del 10 febbraio 1988 (Governo Goria, Presidente Iotti), in cui il Presidente sente il dovere di rappresentare all’Assemblea i passaggi istituzionali ai massimi livelli resi necessari dalla bocciatura di uno stato di previsione (“sono stata chiamata dal Presidente della Repubblica il quale mi ha informato che la sera precedente il Presidente del Consiglio si era recato da lui: nel corso di una lunga conversazione era apparso chiaro l’intendimento del Presidente del Consiglio di aprire un chiarimento nel governo e  nella maggioranza”). La citazione parla chiaro: quando la tensione tra Governo e Parlamento si scarica sul bilancio dello Stato entra in sofferenza il rapporto fiduciario, che deve essere sottoposto a verifica.

8. Alla luce degli ultimi accadimenti risulta quindi improponibile la tesi del proseguio dell’esame del provvedimento senza l’articolo respinto e di un nuovo passaggio in Senato, che avrebbe potuto reinserire l’articolo 1, rinviando il testo alla Camera per la definitiva approvazione. Pace (su Repubblica) ha criticato con forza questa ipotesi giudicandola “di una gravità inaudita”. E’ stata avanzata, non solo nell’ambito della maggioranza, da più parti e, in condizioni normali, avrebbe forse potuto anche essere la base per un agreement, come spesso accade nel diritto parlamentare.

9. Oggi si riunisce il Consiglio dei ministri che approverà un nuovo disegno di legge del rendiconto 2010 (che non potrà che essere uguale, nella sostanza, a quello respinto). Alle 11 il Presidente del Consiglio parlerà alla Camera sull’argomento e chiederà la fiducia, che sarà votata venerdì. Parlerà unicamente alla sua parte, perché le opposizioni usciranno dall’aula «per non essere complici di una situazione che ormai è intollerabile». Siamo ormai in pieno stato di eccezione, e speriamo di uscirne al più presto.