Meloni! fianco dest, non c’è pace: Vannacci, Salvini, Ruffini i suoi incubi, parole chiave migranti, tasse, giustizia

Non c’è pace per questa destra targata Giorgia Meloni. Ogni giorno una disputa, ogni giorno uno scricchiolio, ogni giorno una polemica. Che succede?

di Bruno Tucci
Pubblicato il 22 Agosto 2023 - 12:11 OLTRE 6 MESI FA
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Giorgia Meloni e Matteo Salvini (Ansa)

Non c’è pace per questa destra targata Giorgia Meloni. Ogni giorno una disputa, ogni giorno uno scricchiolio, ogni giorno una polemica. Che succede? migranti, il salario minimo, la tassa sugli extra profitti delle banche. Forse i tre alleati non la pensano più allo stesso modo? E’ naturale che l’opposizione salga su questo carro per prendersela con la premier.

Giorgia, invece, pur essendo delusa per certi accertamenti, non si scompone e tira dritto per la sua strada sicura che alla ripresa dei lavori parlamentari tutto tornerà come prima. Siamo sicuri al cento per cento? Nessuno mostra un tale ottimismo perché le crepe non mancano e sono spesso del tutto evidenti.

Giorgia Meloni: migranti, salario minimo, tassa extra ed ora il libro di Vannacci

I migranti, il salario minimo, la tassa sugli extra profitti delle banche. Ora ci si è messo anche il contrasto sul libro pubblicato dal generale Roberto Vannacci, pieno (secondo alcuni) di frasi omofobe e razziste. Un minuto dopo averlo letto, il ministro della difesa Guido Crosetto, ha sollevato l’alto ufficiale dall’incarico.

Passate alcune ore, la destra si è spaccata a metà con alcuni che sostengono che Crosetto abbia fatto bene, mentre altri affermano che la decisione è stata affrettata. Perché? “Ognuno può avere le sue idee ed esprimerle liberamente”, affermano i favorevoli all’autore del libro.

Fortunatamente l’articolo 21 della nostra Costituzione non lascia dubbi a proposito. Il ministro, pur essendo meravigliato da queste parole, replica: “Io ho difeso soltanto le istituzioni”. Non è sufficiente questa dichiarazione ed ecco che non solo tra i Fratelli d’Italia (partito di Crosetto e della Meloni), ma anche tra i tre alleati alla guida del Paese, scoppia il finimondo.

Il primo, com’è ormai consuetudine, è Matteo Salvini, che ritiene il provvedimento “una condanna irragionevole” e va ancora più in là: “Ora corro a comprarmi il libro e sarò più preciso al riguardo. Come lui, la pensano migliaia di italiani”.

Queste parole incoraggiano il generale che dice: “Io non ritratto nulla e vedrete che alla fine avrò ragione”. A questo punto nel mirino entra di prepotenza Crosetto. Qualcuno sostiene che dovrebbe dimettersi visto che gli sono contro diversi esponenti del suo partito. E la Meloni non interviene? Elly Schlein, sempre pronta a gettare benzina sul fuoco, esclama: “La premier ci deve dire se sta con i moderati di Fratelli d’Italia o con i fascisti del suo partito”.

Giorgia Meloni e la lealtà di Salvini

Con la solita diplomazia che la contraddistingue da quando è a Palazzo Chigi, la premier non prende una posizione precisa, si limita a confessare: ”Matteo mi aveva promesso lealtà”. Insomma, aspetta e continua a dire che se i suoi ministri fossero un pochino più prudenti nel fare dichiarazioni, la situazione sarebbe più tranquilla. Al contrario della premier, c’è chi affonda il dito nella piaga. E’ Tommaso Foti, il capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia, che non si fa intimorire dalle polemiche e perora questo concetto: ”Chi è dalla parte del generale è contro di noi”. Sono i moderati a pensarla come Foti e rumoreggiano avverso gli estremisti di destra.

Che dire a questo punto? Se la Meloni vuole continuare a governare per cinque anni i casi sono due: o si decide a fare un rimpasto per allontanare i contrasti e di conseguenza quei ministri che non sono all’altezza della situazione, oppure deve essere più drastica nella sua posizione. Non deve accettare supinamente le critiche di Salvini, e di Tajani (per le banche) e correre avanti seguendo il suo obiettivo che è quello di guidare il Paese fino alla fine della legislatura ed anche oltre.

Le parole di Ruffini (direttore agenzia delle entrate) sulla politica fisale del Governo

Ad esempio, a rispondere a Ernesto Ruffini, direttore dell’agenzia delle entrate, di contare fino a quattro prima di sostenere che la politica delle tasse che vorrebbe la premier, non potrà avere successo. “Se la pensa così va bene, ma prima di esprimersi per ottenere un titolo a più colonne sui giornali, sarebbe auspicabile che ne parlasse a quattr’occhi con la presidente del consiglio. Quanto durerà ancora questo braccio di ferro che non giova a Palazzo Chigi e al suo esecutivo?