Lombardia, seconda ondata. Fontana e Gallera a chi danno la colpa?

di Pino Nicotri
Pubblicato il 18 Ottobre 2020 - 10:54| Aggiornato il 20 Ottobre 2020 OLTRE 6 MESI FA
Lombardia, seconda ondata. Fontana (nella foto) e Gallera a chi danno la colpa?

Lombardia, seconda ondata. Fontana (nella foto) e Gallera a chi danno la colpa?

Anziché darla alle proprie incapacità, a chi darà la colpa adesso il vertice della Regione Lombardia?

La pandemia è riesplosa in Lombardia, che in fatto di morti surclassa la stessa città cinese di Wuhan madre del Covid-19.

Teniamo presente che la Regione Lombardia, con la Deliberazione del Consiglio Regionale (DCR) VIII/216 del 2 ottobre 2006, aveva approntato il piano di risposta a un’eventuale pandemia influenzale (PPR).

Era stata ammaestrata dalla pandemia della cosiddetta influenza aviaria scatenata nel 2005 dal virus H5N1. Con la successiva pandemia da A/H1N1v, la cosiddetta influenza suina, nel 2009 la Lombardia si è dotata di un apposito Comitato Regionale Pandemico.

Il piano è stato aggiornato una prima volta, e fatto sparire recentemente dal web. Per essere poi aggiornato una seconda volta già nel dicembre 2010, con un dettagliato documento di 13 pagine con 8 di allegati.

Come se non bastasse, nel 2015 in occasione della pandemia influenzale SARS è stato anche integrato con le regole di protezione biologica in ambito sanitario.

Tecnicamente detto Piano di Risk Management di Salute Pubblica, era bene articolato tra i vari attori e rami:

a – Medici di famiglia – primi avamposti di salute pubblica e presidi del servizio sanitario nazionale

b – Organizzazione logistica- acquisti, distribuzione e regia

c – Terapia ( domiciliare e/o ospedaliera)

d – Decisioni immediate in determinate condizioni di rischio.

Negli allegati erano dettagliati con tanto di fotografie e modalità di utilizzo anche tutti i singoli dispositivi necessari. Regole precise e dispositivi particolareggiati.

Ma di tutto ciò l’attuale governo della Lombardia non ne sapeva nulla. E i morti si sono contati a migliaia. Più che a Wuhan.

Nella propria pagina Facebook il presidente Attilio Fontana cerca di pararsi il sedere giocando di anticipo. Chiede ai giovani un maggiore rispetto delle regole e una maggiore attenzione in generale ai pericoli di contagio. E invoca ancora una volta il “tutti insieme” e il tralasciare le divisioni.

Il tralasciare cioè le polemiche e le accuse contro l’inefficace suo governo della Regione. In modo da schivarle e poter continuare così nonostante tutto a restare in sella: lui e il suo degno assessore Giulio Gallera alla Sanità, chiamata chissà perché all’inglese Welfare. Scrive Fontana:

“Questo non è il momento di divisioni e la politica deve dimostrare, come chiedo a voi, grande senso di responsabilità. Se vogliamo che questa ‘nuova normalità’, come l’abbiamo spesso chiamata, sia meno pesante per tutti, dobbiamo lavorare tutti insieme”.

In cosa consista il senso di responsabilità di Fontana – e di Gallera – non è ben chiaro. Solo pochi giorni fa cantava vittoria, si auto assolveva e auto lodava mettendo al riparo anche il suo Gallera:

“Sono stati fatti degli errori, ma la risposta della Sanità lombarda è stata eccellente”.

Gli faceva eco lo stesso Gallera, che puntava il dito contro altre regioni, imputando alla Campania e al Lazio una situazione molto più seria di quella lombarda:

“La situazione del Lazio e della Campania è molto più preoccupante della Lombardia”.

Ma il destino cinico e baro ha voluto smentirlo a tempo di record. Tanto da far venire in mente per quella frase il famoso detto ironico “Le ultime parole famose” o anche il proverbio “Il bue dice cornuto all’asino”.

Il 15 ottobre, quando in Italia è stata sfondata la barriera degli oltre 8 mila nuovi contagi in 24 ore (con 83 morti contro i 43 del giorno prima), la Lombardia da sola ne contava 2.067, contro i 1.127 della Campania criticata pochi giorni prima dal sempre baldanzoso e beatamente sorridente Gallera.

Per completare il quadro, si deve tenere presente che i 10.103.969 abitanti della Lombardia sono molti di più dei 5.785.861 della Campania. Il che porta a un nuovo caso ogni 4.888 abitanti in Lombardia e a uno ogni 5.134 in Campania. Se non è zuppa è pan bagnato.

La Lombardia guida la classifica anche in tema di focolai nelle scuole italiane, dove gli istituti con almeno un contagio sono più di mille e i focolai oltre cento.

Che qualcosa in Lombardia sia stato impostato male fin dall’inizio di questa tragedia da Covid-19 lo dicono anche fonti scientifiche qualificate. Ilaria Capua, direttore dello One Health Center of Excellence dell’Università della Florida, intervistata pochi giorni fa dal Corriere della Sera ha tra l’altro dichiarato:

“A marzo poi c’è stata una situazione incomprensibile in Lombardia, tanto che ci siamo chiesti se circolasse un virus diverso. La risposta è no, in Lombardia c’è stata purtroppo una convergenza di fattori negativi e il Sistema sanitario ha mostrato delle grandi fragilità”. 

Checché ne dica il duo Fontana&Gallera installato ai piani alti del Pirellone, anche Walter Ricciardi, docente di Igiene all’Università Cattolica di Milano e consigliere scientifico del ministro della Sanità Roberto Speranza, ha qualcosa di “no bbuono” da dire riguardo la Lombardia. 

“Le persone contagiate devono essere indirizzate esclusivamente nei Covid hospital, ma bisognava aver già allestito Pronto soccorso dedicati ai sospetti Covid. E prevedere percorsi separati dentro gli ospedali per evitare pericolose commistioni. Molte regioni però si sono addormentate e si è fatto poco o nulla. Ora con i ricoveri per influenza negli ospedali si rischia il caos”,

Ricciardi nel parlare della Campania, Lazio e Lombardia come “regioni che destano certamente preoccupazioni” specifica a chiare lettere:

“la stessa Lombardia è stata la regione dove tutto è originato e dove la curva epidemica non si è mai azzerata, quindi è ripartita”.

Come abbiamo già scritto a giugno, Gallera e Fontana hanno ignorato a lungo due cose fondamentali e potenzialmente decisive per impedire il dilagare del Covid:

1) – le leggi assegnano alle Regioni, – compresa quella lombarda, certo non solo alla Campania di De Luca – il potere di dichiarare zona rossa tutto o in parte il proprio territorio. Di decidere cioè lockdown parziali o totali.

Invece Fontana e Gallera non hanno mosso un dito, salvo poi dare la colpa al governo Conte di non avere deciso lui la zona rossa. Neppure nella Val Seriana, la Wuhan italiana da dove tutto è partito, anzi esploso.

2) – Come già scritto all’inizio di questo articolo, la Regione Lombardia aveva da decenni un piano antipandemico molto ben particolareggiato. Piano aggiornato e particolareggiatissimo, ma rimasto nei cassetti, deplorevolmente ignorato in toto da Fontana&Gallera.

Così stando le cose, è incomprensibile la faziosità del voler far finta di nulla. E continuare invece a dare tutte le colpe solo a Roma, cioè al Governo Conte. Pier Paolo Lunelli, che ha scritto protocolli pandemici per diversi Stati europei, in un dossier per la magistratura locale afferma:

“Con piano pandemico 10 mila morti in meno”.

Ma anziché puntare il dito verso la sommità del Pirellone, che il piano antipandemico lo aveva da decenni, ma lo ha ignorato, ne tace anche lui. E assieme al Comitato dei familiari delle vittime della mattanza da Covid a Bergamo e dintorni chiede di desecretare il piano di emergenza nazionale, cioè del governo Conte, del gennaio 2020.

Terminiamo con una domanda, anzi due:

1) – se per il giornale Affari Italiani il governatore De Luca “è un uomo di merda”, che uomini sono Fontana&Gallera?

2) – Se per lo stesso giornale Affari Italiani “La Lombardia è meglio di te”, cioè di De Luca, chi è invece peggio di lui?