Pensionati. Letta, Renzi e il Pd li odiano: Costituzione sotto i piedi

di Pierluigi Roesler Franz *
Pubblicato il 21 Dicembre 2013 - 11:07| Aggiornato il 6 Novembre 2020 OLTRE 6 MESI FA
 Pensionati. Letta, Renzi e il Pd li odiano: Costituzione sotto i piedi

Matteo Renzi. I pensionati hanno un nuovo nemico

Come fa il Governo Letta e con esso quasi tutti i politici, quelli del Pd in testa, a cambiare le carte in tavola con effetto retroattivo? Come si fa a proporre norme peggiorative che per di più cancellano di colpo principi giuridici consolidati da decenni, come quelli relativi ai diritti acquisiti? Come si fa a mettere sotto i piedi tutta una serie di sentenze della Corte Costituzionale? Come si fa a dimenticare che la pensione é una retribuzione differita pagata dal dipendente durante la sua attività lavorativa con accredito dei relativi contributi previdenziali? Come si fa a prendersela sempre e unicamente con i pensionati, cioè la classe più debole per essere affondata anche se é quella che paga puntualmente le tasse? È davvero questo un modo saggio di ben governare in un Paese come l’Italia una volta considerata la “patria del diritto”? Sono alcuni degli interrogativi che si pone il cittadino leggendo una serie di incredibili emendamenti in materia pensionistica al disegno di legge di stabilità per il 2014 del governo Letta-Alfano, presentati da deputati di vari gruppi alla Commissione Bilancio della Camera. C’è da restare semplicemente esterrefatti di fronte ad una simile congerie di assurdità, vere e proprie panzane frutto di pressappochismo, qualunquismo, ma soprattutto di ignoranza crassa delle leggi e della Costituzione. Sono emendamenti che lasciano trasparire che sotto sotto ci sia addirittura un comune denominatore nei confronti dei pensionati: l’odio sociale. Ma questi parlamentari dimostrano di “predicar bene, ma razzolar male”. Infatti, guarda caso, si preoccupano di tagliare le pensioni altrui, ma non le loro, cioè quelle per la maggior parte costruite sul nulla, cioè su contributi figurativi loro regalati dall’articolo 31 dello Statuto dei lavoratori. E si sono persino dimenticati di colpire anche i sostanziosi vitalizi pagati da Camera e Senato al momento della loro mancata rielezione a Montecitorio o a palazzo Madama. Deputati e senatori hanno beneficiato per decenni fino al 1999 di una doppia pensione del tutto gratis, cioè seguendo l’adagio: “Incasso 2 vitalizi e pago 0” (dal 2000 in poi lo slogan é invece diventato: “incasso 2 vitalizi e ne pago 1 solo, ma in piccola parte”). Estrapoliamo alcune di queste ultime “perle” legislative che riportiamo integralmente qui sotto (vedere allegato in calce). Iniziamo con la proposta di ben 68 deputati Pd con in testa il capogruppo alla Camera Roberto Speranza, che si prefigge di vietare ai titolari di pensioni con il sistema retributivo superiori a 150 mila euro lordi l’anno qualsiasi cumulo con altri redditi di lavoro dipendente o autonomo, comprese collaborazioni occasionali e/o diritti d’autore su libri e pubblicazioni. Ma, come si fa a tagliare con effetto retroattivo pensioni in essere, frutto di cospicui versamenti di contributi previdenziali per decenni? Ad esempio, un magistrato che va in pensione normalmente a 75 anni di età con 50 anni e più di versamenti contributivi può vedersi ora taglieggiata la sua pensione, che per di più potrebbe godersi solo per pochi anni, quando lo Stato gliela calcola già oggi su un massimo di 40 anni “rapinandogli” così ben 10 anni di versamenti? E sarebbe, forse, questa una “pensione d’oro”? Quindici deputati “grillini”, primo firmatario Claudio Cominardi, e cinque deputati della Lega, primo firmatario Massimiliano Fedriga, pretendono di introdurre 2 distinti “tetti” su tutte le pensioni presenti e future che non tengono minimamente conto dei versamenti effettuati. Bontà loro prevedono che vengano in future erogati al massimo 5 mila euro netti al mese per i vitalizi delle gestioni previdenziali pubbliche in base al sistema retributivo e al massimo 10 mila euro netti al mese per i vitalizi delle gestioni previdenziali pubbliche in base al sistema contributivo. L’onorevole Massimo Enrico Corsaro (Fratelli d’Italia) ipotizza, invece, che vengano ricalcolati d’ufficio con effetto retroattivo e con il sistema contributivo gli importi delle pensioni erogate con il sistema retributivo qualora si superassero i 64.410 euro lordi l’anno, cioè 10 volte il trattamento minimo INPS. Altri otto deputati, 7 di “Scelta Civica con Monti” tra cui Enrico Zanetti e Giuseppe De Mita eletto nell’Udc, ma passato a “Per l’Italia”, intendono penalizzare per 5 anni dal 2014 al 2018 compreso con un contributo di solidarietà tutte le pensioni superiori ai 64.410 euro lordi l’anno, cioè 10 volte il trattamento minimo INPS. Per determinare l’importo del taglio si dovrebbero ricalcolare con il sistema contributivo tutte le pensioni in corso con il sistema retributivo ed applicare poi sulla differenza di importi una percentuale a scaglioni variabile dal 10% al 40%. Infine, altri 2 grillini del Movimento 5 Stelle, Giorgio Sorial Girgis e Laura Castelli propongono di colpire per 3 anni dal 2014 al 2016 compreso tutte le pensioni calcolate con il sistema retributivo superiori ai 6.441 euro lordi l’anno con un contributo di solidarietà variabile dallo 0,1% fino al 32% per quelle superiori a 322.050 euro lordi l’anno. Tutte queste proposte si aggiungono sia al blocco totale della perequazione per il 2014 sulle pensioni superiori ai 38.646 euro lordi l’anno e al taglio delle pensioni già deciso al Senato il 27 novembre scorso nelle seguenti misure: – 6% oltre i 90 mila 168 euro lordi l’anno e fino a 128 mila 812 euro lordi l’anno; – 12% oltre i 128 mila 812 euro lordi l’anno e fino a 193 mila 218 euro lordi l’anno; – 18% oltre i 193 mila 218 euro lordi contro il precedente taglio del 5% oltre dopo i 90 mila, del 10% oltre i 150 mila e del 15% oltre i 200 mila euro lordi bocciato il 5 giugno dalla Corte Costituzionale. Ora a distanza di appena 5 mesi il Governo e un centinaio di deputati intendono riproporre tagli ancora più pesanti di quelli dichiarati illegittimi dalla Corte costituzionale per violazione degli articoli 3 e 53 della Costituzione perché il prelievo forzoso colpiva solo i pensionati, lasciando indenni tutti gli altri cittadini a parità di reddito. Ma, ci si chiede, l’hanno davvero letta la sentenza n. 116? Sembrerebbe proprio di no. E come fanno ora ad ignorare anche la nuova decisione della stessa Corte costituzionale, la n. 304 del 12 dicembre 2013, che nel punto 5 a pagina 15 della motivazione ha ben spiegato al legislatore cosa si intende per natura tributaria di un prelievo che mira a penalizzare solo i pensionati, esentando ingiustamente tutti gli altri contribuenti con lo stesso reddito? Ed é destinato ad un clamoroso fiasco per il Governo aggirare la sentenza 116/2013 sostenendo che il gettito del taglio delle pensioni andrebbe a coprire un Fondo per le pensioni più modeste. Infatti – come è bene spiegato nella sentenza n. 304 – il taglio avrebbe sempre natura tributaria in quanto decurterebbe le pensioni dei dipendenti pubblici e private acquisendo anche in via indiretta fondi a copertura di pubbliche spese. Insomma, anche i nuovi tagli sulle pensioni sarebbero palesemente incostituzionali. E che dire del blocco totale della perequazione per il 3° anno consecutivo sulle pensioni di importo superiore ai 38.646 euro lordi l’anno? È anch’esso palesemente incostituzionale, come ha già chiaramente profetizzato la Corte costituzionale nella motivazione della sentenza n. 316 dell’11 novembre 2010 in cui, dopo aver salvato per il rotto della cuffia la mancata rivalutazione Istat sulle pensioni del 2008, ha testualmente invitato il Parlamento a non proseguire su questa strada: “Dev’essere segnalato che la sospensione a tempo indeterminato del meccanismo perequativo, ovvero la frequente reiterazione di misure intese a paralizzarlo, esporrebbero il sistema ad evidenti tensioni con gli invalicabili principi di ragionevolezza e proporzionalità, perché le pensioni, sia pure di maggiore consistenza, potrebbero non essere sufficientemente difese in relazione ai mutamenti del potere d’acquisto della moneta”. E proprio su questo principio poggia la recente ordinanza con cui il tribunale di Palermo ritiene illegittimo il blocco della perequazione per il biennio 2012-2013. Per evitare ulteriori brutte figure di fronte all’opinione pubblica consigliamo quindi al premier Enrico Letta e ai parlamentari autori di queste “perle” legislative di sfogliare almeno queste 3 sentenze e di memorizzarne i principi giuridici in modo da tenerli sempre a mente.   link da mettere https://www.blitzquotidiano.it/opinioni/franco-abruzzo-opinioni/pensioni-governo-letta-alfano-contro-legge-1745277/