Giovani, esili e a domicilio. Trenta escort, un premier e due verità

di Riccardo Galli
Pubblicato il 15 Settembre 2011 - 17:10| Aggiornato il 9 Marzo 2015 OLTRE 6 MESI FA

foto Lapresse

ROMA – Erano trenta ed erano “giovani ed esili”: questo è sicuro. In pianta stabile od occasionale facevano le escort, almeno una rifiutò la grande occasione e disse no a Gianpi Tarantini che delle trenta giovani esili teneva il banco e il mercato. Tarantini le usava come chiavi per “interessi affaristici” e il grande affare fu portarle a contatto e a casa di Silvio Berlusconi. In cambio Tarantini sperava di ottenere molte cose, ad un certo punto anche la candidatura a parlamentare europeo. Poi vennero i magistrati, l’inchiesta e cominciarono le “difficoltà” di Tarantini, anche questo è sicuro. La candidatura sfumò ma Tarantini ottenne aiuto dal premier: soldi, circa 500mila euro che gli avvocati Niccolò Ghedini e Giorgio Perroni sconsigliarono al premier di erogare, quest’ultimo definendola “dazione equivoca”. Fine delle cose sicure e accertate, anche se non certo poche. Poi la storia di un premier delle trenta escort si scinde e dipana in due verità: quella degli inquirenti e quella del premier: prostituzione e “dazione” secondo chi ha indagato, amicizie e “aiuto ad una famiglia” secondo il presidente del Consiglio.

“Tarantini e la moglie mi scrissero accorate lettere inviatemi presso la segreteria di Roma. Tarantini protestava la propria estraneità alle accuse che gli venivano mosse, si scusava per il disagio che mi aveva procurato, si lamentava per il trattamento mediatico e giudiziario che gli veniva riservato. Sia lui sia la moglie mi fecero sapere che erano in gravissime difficoltà economiche, temevo atti di autolesionismo da parte sua”. Dalla memoria difensiva presentata dai legali di Silvio Berlusconi ai pm milanesi.

“Mi resi conto che Lavitola parlava per telefono di foto in modo sibillino. In questa occasione, quando cioé mi resi conto che Lavitola parlava di foto in modo strano, presi tempo e riferii della conversazione al presidente Berlusconi. Dissi cioé a Berlusconi che Lavitola voleva delle ‘foto’ parlando di foto in modo strano, come se volesse alludere a qualcosa d’altro. Il presidente allora capì subito e mi disse di prelevare 10mila euro dalla sua cassa privata (una piccola cassaforte dove custodisce il contante) e di suddividere la somma in due buste da 5mila euro. Mi disse che si trattava di somme destinate a Tarantini e sua moglie, richieste per loro conto da Lavitola. Nell’autorizzarmi a prelevare questi soldi il presidente Berlusconi mi disse che si trattava di un prestito. Ricordo che era sicuramente infastidito e piccato. Disse qualcosa tipo: ‘ma é un rompiscatole’ o qualcosa del genere”. Dalla deposizione davanti ai pm rilasciata da Marinella Brambilla, segretaria, storica, di Silvio Berlusconi.

Tarantini voleva “consolidare il rapporto con Silvio Berlusconi (avviato nell’estate del 2008), ottenere, per il suo tramite, incarichi istituzionali e allacciare, avvalendosi della sua intermediazione, rapporti di tipo affaristico con i vertici della Protezione civile, di Finmeccanica spa, di società a quest’ultima collegate (Sel Proc, Selex Sistemi integrati Spa e Seicos Spa), di Infratelitalia spa e altre società”. Il reato di associazione per delinquere è stato contestato, oltre che a Tarantini, anche all’avvocato brindisino Salvatore Castellaneta (51 anni), a Pierluigi Faraone, 56 anni, nato a Genova e residente a Milano, e a Massimiliano Verdoscia, 41 anni, di Bari, amico fraterno di Gianpi. Tutti e tre, secondo gli investigatori, “contribuivano consapevolmente al funzionamento del meccanismo criminoso, anche nella prospettiva di ricevere vantaggi personali”. Faraone infatti voleva “diventare il referente dell’attività di organizzazione delle feste private del Berlusconi a Milano; gli altri due beneficiare indirettamente dei vantaggi economici che il Tarantini, al quale erano legati da rapporti di affari, avrebbe conseguito attraverso l’aggiudicazione di commesse da parte delle società con cui Tarantini voleva allacciare rapporti affaristici”. I quattro, dunque, contribuivano consapevolmente – secondo la procura barese – al funzionamento del meccanismo criminoso “partecipando all’organizzazione delle serate e provvedendo alla ricerca e alla selezione delle prostitute e alla verifica della loro disponibilità a prostituirsi”. Dagli atti dell’inchiesta Tarantini.

Ogni storia può esser raccontata in modi differenti. I diversi punti di vista sono legittimi ed umani, e persino i fatti che appaiono come concreti e incontrovertibili, possono essere vissuti ed interpretati in modi differenti a seconda dell’umano sentire del singolo attore. L’inchiesta escort, quella di cui Silvio Berlusconi è l’attore protagonista, offre un esempio interessante in questo senso. Da un lato la verità del Cavaliere, raccontata non ai giudici, con cui ancora il premier non riesce a fissare un incontro, a causa di un’agenda fittissima, ma dal memoriale che l’avvocato Ghedini ha fatto recapitare ai pm napoletani. Dall’altro, la verità dei magistrati, o almeno quella che emerge dalle indagini. Nessuna delle due verità è assoluta, sino al terzo grado di giudizio, ma una delle due è evidentemente meno vera dell’altra.

Nell’ambito dell’inchiesta sono state effettuate, fino all’estate del 2009, più di 100 mila conversazioni telefoniche e ambientali. Il nome di Tarantini era emerso in relazione al caso della escort Patrizia D’Addario, che ha detto di aver trascorso una notte con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi a Palazzo Grazioli e ha depositato alla procura di Bari video, foto e registrazioni delle sue visite nella residenza romana del premier. Secondo la procura, Tarantini avrebbe utilizzato escort o donne immagine per ottenere contatti utili in ambienti politici per le sue attività imprenditoriali. I magistrati pugliesi hanno avviato due inchieste parallele: una su droga e sfruttamento della prostituzione, l’altra sugli intrecci tra sanità pubblica e politica in Puglia.

Sabina Began (Lapresse)

La procura di Bari ha chiuso ora l’inchiesta relativa al presunto giro di escort gestito dall’imprenditore barese Gianpaolo Tarantini. Fra gli indagati, otto in tutto, figura anche Sabina Began, soprannominata l'”Ape Regina». Nella lista ci sono, oltre a Tarantini e al fratello Claudio, l’avvocato brindisino Salvatore (detto Totò) Castellaneta e l’amico di Gianpi, Massimiliano Verdoscia. L’avviso di conclusione delle indagini è stato notificato agli interessati e contiene 28 capi di imputazione, tra cui anche l’associazione per delinquere e il favoreggiamento della prostituzione.

L’inchiesta: in tutto sono almeno trenta le ragazze, di cui quattro non identificate, portate da Tarantini nelle residenze del premier, buona parte delle quali si sono prostituite con Silvio Berlusconi. Tre sono invece le ragazze iscritte nel registro: oltre alla Began, figurano Francesca Lana e Letizia Filippi. Tutte si sarebbero date da fare per reclutare ragazze e favorirne la prostituzione. Nei 28 capi di imputazione sono infatti citate molte ragazze già apparse nei mesi scorsi, tra cui anche alcune coinvolte nell’inchiesta milanese su Ruby. Ci sono Terry De Nicolò e Carolina De Freitas, Francesca Lana e Barbara Montereale e poi ancora Daniela Lungoci, Niang Kardiatau (detta Hawa), Karen Margaret Buchanan, Manuela Arcuri, Camille Cordeiro Charao, Chiara Guicciardi, Sara Tommasi, Fadoua Sebbar, Vanessa Di Meglio, Sonia Carpentone (detta Monia), Roberta Nigro, Maria Josefa De Brito Ramos, Grazia Capone, Luciana Francioli De Freitas, Michaela Pribisova, Marystell Polanco, Michelle Conceicao dos Santos, Cinzia Caci (detta Mariasole), Ioanna Visan, Barbara Guerra, Patrizia D’Addario, Lucia Rossini e una certa Marica. Secondo la procura ce ne sarebbero però anche altre: nel capo di imputazione che riguarda Letizia Filippi si legge infatti che la giovane, assieme a Tarantini, avrebbe reclutato Maria Josefa De Brito Ramos affinchè si prostituisse con il Cavaliere e la avrebbe invitata “a far partecipare altre ragazze all’incontro, impartendole disposizioni sul comportamento da tenere e l’abbigliamento da indossare”.

Berlusconi: ”Ho conosciuto il signor Tarantini e sua moglie alcuni anni orsono. Mi è stato presentato come imprenditore di successo e da più parti ho avuto di lui positive indicazioni. Conosco Lavitola da parecchi anni e in particolare per la sua attività di giornalista e di direttore di giornale. Dopo il suo arresto Tarantini e la moglie mi scrissero accorate lettere inviatemi presso la segreteria di Roma. Tarantini protestava la propria estraneità alle accuse che gli venivano mosse, si scusava per il disagio che mi aveva procurato, si lamentava per il trattamento mediatico e giudiziario che gli veniva riservato. Sia lui sia la moglie mi fecero sapere che erano in gravissime difficoltà economiche”.

L’inchiesta: Dalle carte, pare inoltre che Tarantini selezionasse le donne in base a specifiche caratteristiche fisiche, preferendole di giovane età e di corporatura esile. Oltre alle caratteristiche fisiche, Tarantini badava anche ad altri aspetti nell’organizzazione degli incontri, secondo la procura di Bari: impartiva alle donne “disposizioni sull’abbigliamento da indossare e sul comportamento da assumere”; sosteneva le spese di viaggio e di soggiorno, “mettendo loro a disposizione il mezzo per raggiungere il luogo dell’incontro”. Oltre alla trentina di episodi riguardanti la prostituzione in favore di Silvio Berlusconi, nell’avviso di conclusione delle indagini figurano numerosi episodi di sfruttamento della prostituzione, tra il 2007 e il 2008, in favore dell’ex vicepresidente della Regione Puglia Sandro Frisullo per ottenere vantaggi e affidamento di incarichi e appalti dalla Asl di Lecce (episodi avvenuti in un albergo a Milano, pagato da Tarantini, nella casa di “Gianpi” a Giovinazzo e in un altro suo appartamento a Bari). Ricorreva alle donne Gianpi persino per “ottenere agevolazioni nella gestione di una propria posizione bancaria” nell’Istituto Carige (episodio avvenuto il 12 e il 13 febbraio 2009), mentre in un albergo romano avrebbe fatto prostituire Niang Kardiatau (detta Hawa), Fadoua Sebbar ed Emiliana col dirigente di Finmeccanica Salvatore Metrangolo e con un’altra persona non identificata per ottenere informazioni riservate dall’interno del Gruppo Finmeccanica e per entrare in contatto con i vertici aziendali.

Berlusconi: “Tarantini e la moglie mi fecero pervenire più volte lettere in cui presentavano la gravità della loro situazione economica, chiedendomi anche aiuto per finanziare la loro azienda e per evitare il fallimento. Lo stesso Lavitola mi segnalò una situazione di disperazione di una famiglia che era passata dalla vita agiata a grandi ristrettezze, che avevano coinvolto anche il fratello, con la sua famiglia, la madre e altri familiari. Mi si rappresentò quindi una situazione personale e familiare difficilissima, con anche il rischio che Tarantini mettesse in atto episodi di autolesionismo. La situazione era altresì aggravata dalla presenza di due figlie ancora piccole. Insistettero anche tramite Lavitola per un aiuto economico”.

L’inchiesta: la Began portò a Palazzo Grazioli tre ragazze, di cui almeno una si sarebbe prostituita con Silvio Berlusconi. L'”Ape Regina” e Tarantini, è scritto, reclutarono “Vanessa Di Meglio, Sonia Carpentone (detta Monia) e Roberta Nigro”, ne favorirono e sfruttarono “l’attività di prostituzione della prima, esercitata, in favore di Silvio Berlusconi, presso la sua residenza romana, dietro pagamento di corrispettivo in denaro, provvedendo, in particolare, il Tarantini, ad istruire le stesse sulle modalità comportamentali da assumere, sulle finalità della serata, a sostenere le spese di viaggio e soggiorno delle donne, e a mettere a loro disposizione un’autovettura per raggiungere palazzo Grazioli”. I reati sarebbero stati commessi tra il 30 agosto e il 6 settembre 2008.

Berlusconi: ”Feci avere a Tarantini e alla moglie del denaro o consegnandolo direttamente a Lavitola o facendoglielo consegnare, in alcune rare occasione, dalla mia segreteria. Si trattava di somme che variavano tra i 5000 e i 10000 euro, 5000 per Tarantini e 5000 per la moglie. Non sono in grado di ricordare con quale frequenza ciò sia avvenuto. Si tenga presente che tali dazioni sono sempre avvenute in Roma presso la mia abitazione così come gli incontri con Lavitola che soltanto una volta, mi sembra, si sia recato in Arcore. A Roma ho una cassaforte dove tengo sempre disponibile una somma in contanti per le mie spese personali e per le necessità di casa, che alimento io stesso portando del denaro da Arcore. Tali somme sono tratte dai miei conti correnti personali, prelevate dai miei ragionieri e sono documentabili in ogni momento. Dalle consegne a Lavitola per le necessità di Tarantini e della sua famiglia nessun altro ne era a conoscenza, se non in alcune occasioni la mia segreteria. Verso la primavera di quest’anno Lavitola in un incontro a Roma mi disse che Tarantini avrebbe voluto tornare a fare l’imprenditore avviando una nuova attività e che aveva necessità di un finanziamento iniziale. In quel periodo ebbi modo di incontrare Tarantini con sua moglie alla presenza di Lavitola. Tale incontro avvenne, dopo innumerevoli richieste da parte loro, mi pare a Arcore. In quella occasione Lavitola e Tarantini mi ribadirono quanto anticipatomi da Lavitola stesso. Successivamente Lavitola in due incontri avvenuti a Palazzo Grazioli in Roma ebbe ad insistere su tale necessità di Tarantini. Ritenni di accedere a tale richiesta e dissi a Lavitola che ero disponibile a erogare ciò che mi era stato chiesto. Lavitola mi disse che avrebbe depositato lui direttamente i fondi presso una banca in Sudamerica dove erano giaà depositati i suoi fondi personali e che avrebbe preferito ricevere la somma da me in contanti. Gli ho consegnato tale somma in molteplici tranches dalla primavera di quest’anno fino a prima dell’inizio dell’estate, personalmente, sempre in Roma. Non sono in grado di ricordare il numero delle tranches. Ho tratto le somme dai miei conti correnti. Le somme mi sono state fornite dai miei ragionieri”.

Lavitola a Berlusconi: “Dotto’, sto in Bulgaria con un cellulare di qui, se intercettano pure questo…”.