Poeta più erotico del Seicento? Una suora messicana: Juana Ines de la Cruz

di Redazione Blitz
Pubblicato il 11 Novembre 2014 - 08:00| Aggiornato il 6 Marzo 2015 OLTRE 6 MESI FA
Poeta più erotico del Seicento? Una suora messicana: Juana Ines de la Cruz

Poeta più erotico del Seicento? Una suora messicana: Juana Ines de la Cruz

ROMA – Il poeta più erotico del Seicento? Fu una suora messicana. Si chiamava suor Juana Inés de la Cruz, e scriveva poesie d’amor carnale per donne che non la corrispondevano.

Scrive Dagospia, riprendendo un articolo del Daily Beast: 

“Una luminare del suo tempo dalla mente vorace, che consumava oltre quattromila libri, da Aristotle e Kircher. Totalmente autodidatta. Il suo nome è quasi dimenticato nei libri di storia, ma la sua faccia è sulla banconota messicana.

In vita suor Ines ha scritto trattati matematici, manifesti sociali, musica, libri in difesa del diritto all’educazione delle donne. Adesso la casa editrice Norton ha pubblicato una nuova raccolta di sonetti su mortalità e decadenza, sulla lotta fra corpo e mente, schiavismo ed emancipazione. Tra questi anche la “Respuesta a Sor Filotea” del 1691, dove suo Ines contestava il vescovo di Puebla, che sosteneva che i temi filosofici non erano affare femminile.

La “Respuesta” le causò molti guai con la Chiesa Cattolica, in seguito dovette firmare con il sangue un voto di silenzio.

Nel libro ci sono anche i sonetti del suo amore non corrisposto per una inafferrabile donna

Racconta sempre Dagospia-Daily Beast:

“Nata nel 1651, da madre illetterata, terza di sei figli illegittimi, Juana sapeva leggere già a tre anni. A sei anni chiese di tagliarsi i capelli corti e di poter studiare all’università come era concesso agli uomini. Da adolescente diventò dama di corte per la moglie del Marchese de Mancera, viceré del Messico, il quale mise insieme gli uomini più dotti in circolazione per mettere alla prova la cultura di Juana, su storia, mitologia, letteratura, scienza. Lo spettacolo che la ragazzina diede ebbe eco anche in Europa: aveva passato l’esame come “un galeone reale che si difendeva da qualche imbarcazione a remi”.

Dal lusso stravagante e gli intrighi di corte, passò in convento. I motivi della scelta non sono chiari. Forse temeva il matrimonio (era bella ma aborriva l’idea), o forse sapeva che la sua famiglia non avrebbe potuto permettersi una dote. La prese come un modo per dedicarsi completamente agli esercizi della mente. La vita in convento non era troppo austera: c’era la servitù, aveva a disposizione libri rari, esotici oggetti d’arte, servitù, strumenti musicali e le era concesso di intrattenere l’élite di accademici e filosofi in un salone. Era dotta in tutto, teologia, legge astronomia, parlava dialetti precolombiani, latino, italiano (citava spesso Petrarca e Boccaccio).

Suor Juana scrisse anche ardenti poemi amorosi per María Luisa, moglie del nuovo viceré. Quando perse la protezione dei regnanti, trasferitisi in Spagna, divenne bersaglio della Chiesa e dell’Inquisizione. Dopo la “Respuesta” le fu tolto il permesso di consultare libri e di pubblicare, fu privata del suo prezioso materiale scientifico, e firmò la sanguinosa confessione: «Tra tutti, io sono la peggiore». Morì nel 1695, in imposto silenzio”.